Christopher Lasch, la rivolta delle élite

Christopher Lasch “ La rivolta delle élite”. Il libro ritrae per la prima volta quell’élite liberale e cosmopolita di tecnocrati, manager e agenti della comunicazione che determinano le sorti delle società contemporanee.

Redazione

 

Christopher Lasch, la rivolta delle éliteLa rivolta delle élite . Pubblicato per la prima volta nel 1995, un anno dopo la morte del suo autore, La rivolta delle élite apparve subito come un libro fondamentale, capace di cogliere, più di qualsiasi testo di politologia, le ragioni profonde della crisi delle moderne democrazie liberali. «Anziché attenersi ai sondaggi», scrisse il Washington Post, «gli analisti politici farebbero meglio a impiegare il loro tempo leggendo l’ultimo libro di Christopher Lasch». Oggi, a oltre vent’anni di distanza, il volume si svela non soltanto come un libro fondamentale, ma come una vera e propria opera profetica, in grado di prefigurare la nascita dei populismi odierni, di quella secessio plebis che si comprende appunto soltanto come una naturale conseguenza della rottura del legame sociale operata tempo fa dalle élite.

Il libro ritrae per la prima volta, nei suoi tratti essenziali a noi oggi così familiari, quell’élite liberale e cosmopolita di tecnocrati, manager e agenti della comunicazione che determinano le sorti delle società contemporanee: uomini che si sentono a casa propria soltanto quando si muovono, quando «sono en route verso una conferenza ad alto livello, l’inaugurazione di una nuova attività esclusiva, un festival cinematografico internazionale». Uomini che, in possesso di «una visione essenzialmente turistica del mondo», lasciano volentieri l’idea di una residenza stabile a una middle class ritenuta «tecnologicamente arretrata, politicamente reazionaria, repressiva nella morale sessuale, retriva nei gusti culturali».

Uno smart people che, a Hong Kong come a Bruxelles o a New York, si sente «creativo», ma la cui creatività è rivolta soltanto a «una serie di attività mentali astratte svolte in un ufficio, preferibilmente con l’aiuto di un computer, e non alla produzione di cibo, case o altri generi di prima necessità».

Il solo rapporto che, nel liberalismo moderno, l’élite ha con il lavoro produttivo è, per Christopher Lasch, il consumo. Per il resto essa vive in una «iperrealtà», un mondo simulato di modelli computerizzati, dove non ne è più nulla del mondo comune e dove l’ossessione fondamentale è il controllo, la «costruzione della realtà» (diremmo, con il termine oggi in voga, la governance).

Lasch non si sottrae alla questione di cosa opporre alla rottura del legame sociale prodotta dalla rivolta delle élite. Nel sindacalismo agrario e operaio americano dell’Ottocento, confluito poi nel People’s Party e nel Partito Democratico, vi è, secondo lui, la possibile risposta: l’esperienza di comunità fondate su valori come l’eguaglianza delle opportunità, la competenza, la mutua collaborazione, e per questo «capaci di autogoverno».

La rivolta delle élite fu pubblicata per la prima volta in Italia nel 1995 dall’editore Feltrinelli con il titolo La ribellione delle élite. La sua riproposta oggi, con un titolo più fedele a quello originale, nasce da una profonda convinzione: che l’opera sveli oggi più di ieri la sua indiscussa attualità.

 

Christopher Lasch “ La rivolta delle élite”
Ed. Neri Pozza, Pagine 256,  Euro 17,00,
ISBN 978-88545-1502-4 – http://www.neripozza.it

 

    Redazione
 (23/10/2017)

 

 

 

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