Pino Loperfido, sentimento e realismo

Pino Loperfido. Sentimento e realismo di uno scrittore contemporaneo. Il mondo dei media, della moda, la stessa classe politica lanciano messaggi distorti che non incoraggiano ad affrontare la vita, non preparano i giovani alla durezza dell’esistenza, anzi, purtroppo li spingono all’inazione e al parassitismo.  
di Michele Luongo 

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Pino Loperfido

Pino Loperfido, giornalista, scrittore e  attento osservatore del mondo che lo circonda con le parole fissate sulle pagine bianche ci trasmette i sentimenti e le problematiche sociali . Il suo ultimo romanzo “ Teroldego” e lo specchio di una gioventù che, purtroppo,  sempre di più trova rifugio nell’alcool.

Per questa gioventù non c’è più speranza ? 
Guai a non lasciare sempre aperta la porta della speranza. Intanto bisogna pungolare, mettere in evidenza le cose che non vanno, farle notare a chi è preposto ai compiti educativi: la famiglia, gli insegnanti, la chiesa e – perché no? – i datori di lavoro. È importante per noi adulti non abbandonarci al qualunquismo e lasciarci guidare dalla coscienza civile che è dentro di noi. Domandarci ogni giorno: “Quale mondo vogliamo lasciare ai nostri figli?” In rapporto alla risposta, comportarci di conseguenza.

La società moderna, sembra essere una società vuota, non si fa domande. Lei in “Teroldego” lo mette in risalto con quel perchè sulla quarta di copertina. Crede che oggi i giovani non sappiano più impegnarsi ?

Il periodo dell’adolescenza è sempre stato un momento di travaglio e di passaggio. Ci siamo passati anche noi e i nostri padri prima di noi. A differenza del passato, però, c’è tutta una mentalità dominante che perversamente avalla certi comportamenti e li incoraggia anche quando gli anni cominciano a diventare trenta o quaranta. Il mondo dei media, della moda, la stessa classe politica lanciano messaggi distorti che non incoraggiano ad affrontare la vita, non preparano i giovani alla durezza dell’esistenza, anzi, purtroppo li spingono all’inazione e al parassitismo. Pensiamo al concetto di meritocrazia che pare essersi dissolto, anche nel mondo della scuola.

Nel  libro dedicato ad Alcide Degasperi, mette in risalto la sua energia interiore, la sua umanità, e il carisma di un  vero politico. Condivide il pensiero che dopo Degasperi l’Italia non ha avuto più nessun statista?
Degasperi era profeta di un modo di far politica che è stato sepolto con lui. L’idea del servizio del pubblico, della politica come missione di una vita, era troppo moderna nel dopoguerra e – ahimé – lo è tuttora. I precursori degli inciuci di partito, delle convergenze parallele, della stagnazione del pensiero ascoltavano lo statista trentino e per loro era come ascoltare un alieno. E già progettavano di cambiarla la politica, di avvicinarla al concetto di affarismo, di lucro, di reddito. Come se si trattasse di una impresa commerciale. L’Italia ha avuto dei buoni politici e dei grandi uomini di Stato che se avessero potuto avrebbero fatto grandi cose. Uomini che in questi ultimi cinquant’anni hanno provato a tirarsi fuori da certe logiche, ma il sistema li ha riassorbiti ben presto. E quel che non ha fatto il sistema lo hanno fatto il piombo e il tritolo.

Oggi, i politici sono così lontani dalla realtà quotidiana, ad ascoltarli sembra che appartengono ad un altro mondo. Non sono più capaci di avere un pensiero costruttivo, lungimirante per il bene comune . Secondo lei come è stato possibile questo enorme distacco ?
Innanzitutto facciamo attenzione ad una cosa. Secondo me i cittadini hanno preso una cattiva abitudine: quella di domandare alla politica quello che la politica non può dare loro. La colpa sta da tutte e due le parti. I politici con le loro false e altisonanti promesse dell’impossibile e i cittadini con la loro idea che tutto debba venire dall’alto. La dicotomia che dovrebbe instaurarsi tra le due parti è un’altra. Il popolo delega un governo a cui chiede di fare determinate riforme, seguendo alcuni principi e valori fondamentali. Ognuno deve darsi da fare a suo modo.

Lei ci ha raccontato la storia del disastro della funivia del  Cermis, ritiene che se gli autori non fossero stati gli americani, si sarebbe avuta un’analoga soluzione ?
Ovviamente no. Gli accordi bilaterali tra Italia e Usa avevano previsto già negli anni Cinquanta che si verificasse un caso del genere. Più che altro quello che mi sono domandato in questi anni è cosa sarebbe accaduto se tra le vittime ci fosse stato un cinese o un francese. L’allora presidente Chirac non sarebbe certo stato accondiscendente come il nostro D’Alema.

La vita è una bugia. La sappiamo raccontare? 
La vita non è una bugia. Sono gli uomini che la riempiono di menzogne. Il bello dello scrivere è proprio questo poter indagare tra i casi della vita e smascherare i mentitori. Con eleganza. 

L’indebolimento dei  valori coincide con l’indebolimento della società, cosa ne pensa? 
Bisogna fare molta attenzione quando si parla dei cosiddetti valori. Alcuni personaggi politici se ne riempiono la bocca, credendo che si tratti di prodotti da supermercato. I valori sono i motivi che ci muovono nella vita, che danno un senso alla nostra esperienza terrena. In quanto tali sono molto soggettivi e – mi si passi il termine – “ad personam”. Non esiste una crisi dei valori, esiste un’emergenza educativa. I nostri educatori non sanno più insegnare nulla. Pensiamo alla figura del padre, a come latita nella nostra società contemporanea. Si tratta di una situazione gravissima a fronte della quale nessuno muove un dito. Ci bombardano con i pettegolezzi sulla strage di Erba, con l’andamento del prezzo della benzina e nessuno dice una parola su questa assenza illustre all’interno delle famiglie.

Di recente è apparso sulla stampa un suo articolo sulla Pazzia,  qualcuno preferisce “igiene mentale”, ma resta comunque una  brutta parola. Se nel passato si  fosse dato maggiore importanza al  fattore umano,  psicologico più che psichiatrico, non crede che  questa società oggi avrebbe meno ferite morali ? 
Le malattie mentali sono solo una delle patologie che maltrattano la nostra società. La popolazione sta invecchiando velocemente e di contro figli e nipoti – su suggerimento occulto della mentalità dominante – si stanno deresponsabilizzando. Vedo un futuro pieno di malati che nessuno può o vuole accudire. Non c’è da stare allegri. In aumento verticale sono malattie legate al Parkinson, all’Alzheimer. Morbi oscuri e rari di cui abbiamo pochissime notizie. Che sta succedendo ai nostri corpi e alle nostre menti? Ogni tanto, respirando a pieni polmoni in un bosco, o guardando uno splendido panorama mi viene da chiedermelo: “Ma siamo sicuri che quest’aria non sia piena di veleni?”

Il suo prossimo lavoro letterario ? 
Un romanzo è un impegno gravoso, soprattutto se quella di scriverlo non è l’unica attività che ti assorbe la giornata. Sto lavorando ad un nuovo libro e so che non vedrà la luce prima del 2010. Veder crescere un romanzo è la cosa che più amo. Pubblicarlo significa anche perderlo. Per cui non ho fretta.

 

di Michele Luongo ©Riproduzione riservata
                  (08/04/2008)

 

 

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