Olga, I giorni dell’abbandono

Olga è una giovane scrittrice la cui vita sembra procedere nel migliore dei modi possibili: è felicemente sposata. I Giorni Dell’abbandono un romanzo di Elena Ferrante.

di Beatrice Mencarini

 

olga-i-giorni-dellabbandonoOlga è una giovane scrittrice la cui vita sembra procedere nel migliore dei modi possibili: è felicemente sposata da quindici anni con Mario, l’uomo che ama e col quale ha avuto due bellissimi figli, Gianni e Ilaria. Una famiglia unita e felice che, giorno dopo giorno, cresce e si rafforza nell’equilibrio, nella normalità, nella routine del quieto vivere.

A rallegrare le loro giornate c’è Otto, il cane lupo, che con le sue passeggiate e le sue abitudini contribuisce a creare un clima di felice quotidianità. Questo è il quadro famigliare che Olga, narratrice in prima persona, ci permette di scorgere tra le righe di un romanzo che comincia, invece, proprio dalla fine: «Un pomeriggio d’aprile, subito dopo pranzo, mio marito mi annunciò che voleva lasciarmi.» Olga non ci rende testimoni dei suoi giorni migliori, ma dei suoi “giorni dell’abbandono” (appunto), attraverso un quadro impietoso del periodo di depressione vissuto dopo la separazione dal marito Mario che, adducendo scuse futili come insoddisfazione, stanchezza e vuoto esistenziale, se ne va di casa senza lasciare a Olga né un recapito né alcun modo per rintracciarlo. Un uomo vile e meschino che scappa dalla famiglia, dalla moglie, dai figli, dal cane, per vivere una nuova vita, una seconda giovinezza (si è infatti innamorato di una ragazza molto più giovane di lui).

Olga, rimasta da sola a badare alla casa, ai figli, al cane, attraversa tutte le fasi critiche dell’abbandono, addentrandosi in un viaggio interiore lungo e complesso che la porterà a scavare dentro se stessa, alla ricerca del suo Io, in un percorso di consapevolizzazione che metterà in gioco luci e ombre del suo matrimonio e della sua vita. Inizialmente Olga spera ancora che il marito torni da lei e cerca di riconquistarlo strategicamente con «la messinscena degli agi della vita domestica, toni comprensivi, una mitezza esibita e accompagnata persino da qualche battuta allegra».

Al fallimento di questa strategia la mite Olga fa esplodere la rabbia da sempre repressa diventando aggressiva, oscena e volgare: sfoga il suo rancore verso gli amici e i passanti, aggredisce Mario, verbalmente e fisicamente, abborda il vicino Carrano solo per rivalsa personale… Cade in una spirale di odio che presto sconfina nella depressione, magistralmente rappresentata dall’interno tramite il sincero e torrenziale flusso di pensieri della protagonista: confusione mentale, stanchezza, percezione distorta delle cose, ossessione di dimenticare piccoli gesti banali (come spegnere il gas o chiudere la porta di casa), disinteresse verso il mondo circostante (figli compresi) e soprattutto quel desiderio di abbandonarsi, «sprofondare sorda e muta nelle mie stesse vene».

A peggiorare la situazione, a Olga comincia a far visita un’apparizione, “la poverella”: fantasma, rievocato dall’infanzia napoletana, di una donna abbandonata dal marito, disperata e inconsolabile fino al disperato gesto finale, il suicidio.

 In una Torino deserta, soffocata dalla calura estiva, Olga affronta il momento più difficile del suo periodo di alienazione, una giornata terribile: «la giornata più dura di quella mia vicenda di abbandono.» Olga si trova in trappola nel suo stesso appartamento (grazie a una porta blindata che non ricorda più come aprire) senza alcuna possibilità di contattare il mondo esterno (il telefono non riesce proprio a farlo funzionare) alle prese con la figlioletta petulante, la malattia improvvisa del figlio e l’agonia del cane che sembra aver mangiato del veleno… In un crescendo di tensione seguiamo le vicende di Olga mentre lotta contro l’inettitudine e l’alienazione mentale che si stanno impadronendo sempre più prepotentemente di lei, fino a vederla sprofondare nel gorgo della disperazione più assoluta. Un incubo claustrofobico che il lettore, catturato e trascinato in caduta libera fino al fondo più nero dell’animo umano, non può fare a meno di leggere tutto d’un fiato.

Da qui in poi la sofferenza sarà solo la fertile base della rinascita, di un lento guarire per cancellare la furia negativa del passato e ritrovare finalmente e «quietamente» (è questa l’ultima parola del libro) la calma e la razionalità. (  http://beatricemariasilvia.blogspot.it/  )

 

 Elena Ferrante “I giorni dell’abbandono” Ed.  E/O, 2002, Roma, Pag. 213, Euro, 14,00,  EAN 9788876414862 –  http://www.edizionieo.it

 

di Beatrice Mencarini
( 10/12/2016 )

 

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