Cena tra amici, e la sala rimane piena

Cena tra amici con la compagnia del Teatro Stabile di Genova, a sipario aperto, quindi, la compagnia dialoga con il pubblico, raccontando il valore della formazione e il piacere della commedia
Redazione

 

Cena tra amici, e la sala rimane piena
Cena tra amici , regia Antonio Zavatteri. (Foto Bepi Caroli )

Al Teatro Parioli di Roma va in scena la commedia francese Cena tra amici (in originale Le prénom) con la compagnia del Teatro Stabile di Genova.
«Quando iniziai la scuola di recitazione dello Stabile di Genova Anna Laura Messeri ci faceva fare il “palleggio”: per tutto il primo anno ci chiedeva di interpretare una frase “che ore sono?” alla quale l’altro rispondeva “le otto”, e null’altro. Tramite questo piccolo dialogo bisognava creare azioni e reazioni, inventare ogni volta una variante». A fine spettacolo la compagnia del Teatro Stabile di Genova, in scena al Teatro Parioli Peppino De Filippo di Roma con Cena tra amici, se ne sta seduta a chiacchierare col pubblico sui divani del salotto borghese nel quale poco prima le battute di Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière (nella versione italiana di Fausto Paradivino), rivestivano la scena di satira ironica. È Davide Lorino a parlare, rispondendo al progetto di formazione dello spettatore Grammatiche teatrali: formula che propone al termine di una serie di spettacoli pomeridiani del sabato, ai quali gli under 35 possono accedere, a un prezzo molto ridotto, a incontri aperti a tutti gli spettatori.

La sala rimane quasi piena, resta la curiosità dopo aver applaudito questo piccolo gioiello di scrittura comica, dopo aver goduto di una commedia tipicamente francese sui rapporti personali e famigliari, sulla convivenza e sugli equilibri che questa simula. A sipario aperto, quindi, la compagnia dialoga con il pubblico, raccontando il valore della formazione e il piacere della commedia che faccia riflettere, oltre il divertissement. La parola d’ordine è «attitudine all’ascolto» e «linguaggio comune», per un testo che effettivamente incarica lo scambio di battute, i tempi comici, gli sguardi e la complicità tra i personaggi dell’amplificazione di un meccanismo già di per sé estremamente funzionante.

«La scuola di Genova ha un’idea molto precisa di un certo tipo di teatro, abbiamo un linguaggio che ci permette di capirci al volo, è come se ci fosse un respiro comune. Un modo di intendere la recitazione», replica Aldo Ottobrino, nella commedia Vincent, narratore, protagonista e colui che innescherà l’equivoco destinato a rendere la cena tra amici un bilancio sociale dei rapporti umani. Invitato con sua moglie (Gisella Szaniszlò) e con un amico musicista (Davide Lorino) a casa della sorella (Alessia Giuliani) e del rispettivo coniuge (Alberto Giusta), Vincent comunica agli amici che diventerà padre, lasciandosi però sfuggire di mano uno scherzo sul futuro nome del figlio. Il nome, appunto, Le prénom — titolo mal tradotto in italiano, quando la traduzione aderisce perfettamente al concetto di tradimento — è prima di tutto uno spettacolo teatrale francese; rappresentato a Parigi nel 2010, Le prénom ottenne sei nomination al Prix Molière e fu adattato poi per la versione cinematografica dai suoi stessi autori. Nel 2015 Francesca Archibugi ne fece un nuovo adattamento cinematografico dal titolo Il nome del figlio, un tentativo di conversione in un’antropologica italiana distante dal contesto borghese francese.

La compagnia e la regia di Antonio Zavatteri rimangono invece estremamente fedeli alla forza del testo; i ruoli maschili di Aldo Ottobrino e Alberto Giusto si rivelano decisamente i più riusciti, forse gli unici che realmente impreziosiscono la messinscena di un connotato caratteriale che permetta allo spettacolo di amplificare il testo senza lasciare che sia solo questo ad assicurare la riuscita dello spettacolo. «Oltre all’ascolto che cerchiamo di avere ogni sera – racconta Alberto Giusto – per far sì che la storia che raccontiamo sia sempre nuova e fresca e per non dare per scontato ciò che diciamo, oltre l’enfasi in scena sulla relazione che implica il non preoccuparsi di sé stessi ma degli altri, c’è il fascino dell’entrare ogni volta nel personaggio, di vivere una vita diversa dalla propria». Oltre l’immaginario del film dunque – è il pubblico a sottolinearlo – c’è sicuramente il rapporto diretto con le emozioni degli attori. Il post spettacolo contribuisce ad alimentare questo scambio e più di uno spettatore del quartiere Parioli prende il microfono per sottolineare come il linguaggio teatrale permetta, ancora oggi, quest’incontro. ( Fonte: http://www.teatroecritica.net  )

 

    di Luca Lòtano
    (06/02/2017)

 

 

ViaCialdini è su www.facebook.com/viacialdini e su Twitter: @ViaCialdini