Intervista a Luca Zaia

Intervista al Ministro della Politiche Agricole Alimentari e Forestali Luca Zaia, L’uomo giusto  al posto giusto, impegnandosi nella lotta all’agropirateria e nel riconoscimento della produzione di qualità.  La forza della nostra agricoltura è la sua diversità, legata alle specificità territoriali. Dobbiamo capire che questa è una grande ricchezza, non un motivo di divisione.
di Michele Luongo

 

 

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Luca Zaia

Luca Zaia,  cl 1968 , sposato, sin  da giovanissimo ha seguito la Lega di Umberto Bossi, oggi è il Ministro della Politiche agricole alimentari e forestali. Un ministero che per la prima volta è riuscito a dare un’ immagine di trasparenza all’agricoltura italiana, difendendo senza alcun dubbio il Made Italy in ogni luogo. L’uomo giusto  al posto giusto, impegnandosi nella lotta all’agropirateria e nel riconoscimento della produzione di qualità. 
Quale è lo stato dell’agricoltura oggi?
Stiamo superando un periodo molto difficile, in cui abbiamo dovuto affrontare continue emergenze. Ma ora, da qualche tempo, si sta registrando qualche segnale positivo, che ci fa guardare al futuro con ottimismo. Le ultime rilevazioni dell’Ismea, infatti, indicano una contrazione su base annua dei prezzi dei prodotti agricoli del 12,2 per cento. Un tasso che, sebbene negativo, è inferiore di circa 4 punti percentuali al dato della scorsa estate. Quando sono diventato ministro, mi sono accorto che mancava una visione politica complessiva e ho dovuto combattere contro il rischio di una visione di un’agricoltura a compartimenti stagni. Occorreva trovare il coraggio di compiere una rivoluzione culturale. L’Italia deve riscoprire la propria profonda vocazione agricola, tornando ad essere uno dei motori della nostra economia.

Da cosa ha origine la crisi che attraversa l’agricoltura?
La crisi che ci ha duramente colpito ha origini lontane ed è il frutto di una congiuntura mondiale. Ma non possiamo assecondare le imposizioni delle grandi cordate economiche e finanziarie. A Bruxelles abbiamo lavorato per far finalmente capire che era arrivato il momento di riportare al centro della politica agricola europea la produzione E che era sbagliato continuare a ragionare in termini di eccedenze quando invece dobbiamo confrontarci con le carenze. E per far questo dobbiamo puntare sui nostri prodotti di qualità, legandoli sempre più al territorio. Altrimenti si corre il rischio di consegnare la nostra agricoltura alla globalizzazione e quindi alle multinazionali.

Quali sono le difficoltà maggiori  che ha incontrato?
L’ostacolo maggiore che ho incontrato è stato quello della burocrazia, che rischia di stritolare con lacci e lacciuoli la miriade di imprese medio e piccole, spesso a conduzione familiare, che costituiscono la realtà del mondo agricolo. Per questo il mio partito, la Lega Nord, ha pensato a un ministero ad hoc, per attuare la semplificazione legislativa. Abbiamo messo in atto tutti gli impegni possibili in Finanziaria per rilanciare il settore dell’agricoltura: tutelare l’agroalimentare, snellire le filiere, aiutare le aziende serie che puntano sulla produzione. Abbiamo varato il progetto “Terra e Giovani”, contenuto nel decreto anticrisi, per dare ai giovani la possibilità di ottenere in affitto e anche di acquistare i terreni, i beni agricoli di proprietà dello Stato e degli enti pubblici.

Nel settore agricolo quali le differenze sostanziali tra le regioni meridionali e quelle settentrionali?
La forza della nostra agricoltura è la sua diversità, legata alle specificità territoriali. Dobbiamo capire che questa è una grande ricchezza, non un motivo di divisione. C’è però un problema di responsabilità, alcune regioni lo sono di più, altre di meno. Il federalismo è la strada proprio per valorizzare le risorse di ciascuno, permettendo al contempo di eliminare gli sprechi. Questo ha significato fin da subito dare uno stop ai contributi a pioggia e iniziare ad aiutare solo chi lavora e produce per davvero. Vogliamo dare alle imprese, con misure straordinarie, la possibilità di reggere alla crisi e ritornare al più presto a produrre e assumere. Il lavoro dei campi e la tutela dei prodotti tipici hanno sempre più bisogno di una pianificazione dal basso collegata alle reali vocazioni, attitudini e tradizioni del territorio. E la regionalizzazione degli aiuti, se opportunamente capita, saprà rivelarsi una straordinaria opportunità di sviluppo per tutto il nostro Paese, anche per il Mezzogiorno, perché molte colture sono complementari.

Cosa bisogna realizzare per essere competitivi?
Il nostro made in Italy si contraddistingue per l’eccellenza, che l’ha portato ad affermarsi sui mercati esteri. Lo sviluppo del nostro comparto agroalimentare punta all’espansione sui mercati internazionali attraverso l’offerta di prodotti ad alto valore aggiunto riconoscibili per le caratteristiche distintive connesse all’origine, alla qualità e alla metodologia di produzione. Ma per difendere la qualità, la strada migliore è quella delle denominazioni. Che comporta anche legare sempre più i nostri prodotti al territorio, salvaguardandone la loro specificità: la ricchezza delle tipologie costituisce il punto di forza della nostra economia.

Luca Zaia, ha risvegliato l’attenzione verso l’agricoltura, il suo operato è straordinariamente positivo, è la scelta della trasparenza che premia?
Abbiamo inaugurato la stagione della trasparenza. Il 2009 è stato l’anno in cui abbiamo vinto la battaglia sull’obbligatorietà dell’etichettatura per l’olio d’oliva e abbiamo presentato il decreto sull’etichettatura del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Adesso vogliamo ottenere l’obbligo di etichettatura per tutti i prodotti alimentari, perché è un diritto dei cittadini-consumatori che, sempre più consapevolmente, intendono conoscere cosa mangiano. Oltre alla tutela internazionale, rendere i prodotti italiani maggiormente riconoscibili significherebbe migliorare la lotta alle imitazioni e alle contraffazioni. Bisogna quindi rafforzare il sistema di etichettatura, puntando sulla tracciabilità e la veridicità delle informazioni ai consumatori, che potrebbero arricchire persino i menu dei ristoranti e degli agriturismi.

La Green economy, energie rinnovabili da biomasse agricole, può diventare anche un’alternativa economica per l’agricoltura  italiana ?
La nostra attenzione è stata rivolta verso quelle imprese agroalimentari che scelgono di investire nell’innovazione e nelle energie rinnovabili da biomasse agricole. Tutto questo risponde a quel modello di green economy che sosteniamo con convinzione e che contribuisce allo sviluppo sostenibile dei diversi territori. Le agroenergie costituiscono peraltro un’opportunità preziosa, per gli agricoltori, per diversificare il loro reddito, specie in una congiuntura delicata come questa. Di recente, abbiamo pubblicato anche un bando per la realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica e/o termica da biomasse. Con questo provvedimento, prevediamo di finanziare impianti per una potenza complessiva superiore a 30 Mw elettrici, tutti alimentati da biomasse di origine agricola compatibili con i criteri di sostenibilità ambientale dettati dall’Unione europea, fornendo in tal modo un’importante opportunità di integrazione e diversificazione del reddito degli imprenditori agricoli.

McItaly, un’iniziativa geniale che ha saputo coniugare produzione mercato e promozione. Possiamo dire che esprima il suo pensiero?
Questo accordo rappresenta un’occasione importante per l’agricoltura italiana: la multinazionale dei nostri contadini è entrata, con McDonald’s, nella vita di tantissimi giovani. La questione allora è iniziare da loro a scegliere prodotti sani e di qualità, anche se vanno al fast food. La linea McItaly ha registrato il 15 per cento del totale delle vendite giornaliere di McDonald’s; parliamo di circa centomila panini consumati. Un risultato che va al di là dei nostri pronostici e premia il lavoro degli agricoltori e le nostre eccellenze agroalimentari. I 600mila italiani che ogni giorno entrano nel McDonald’s potranno accostarsi, finalmente, alla cultura identitaria dei nostri prodotti. Questa operazione sui nostri campi tre milioni e mezzo di euro al mese e nel grande mercato delle multinazionali il seme di un valore unico e inimitabile: la nostra identità.

Il suo desiderio come politico? E il suo desidero come uomo?
Credo che per essere un buon amministratore i desideri di un politico debbano coincidere con quelli di ogni cittadino. Per questo mi auguro che la politica possa essere finalmente al servizio di tutti e che cittadini e politici inizino a parlare lo stesso linguaggio. La nostra battaglia sul federalismo coincide con la riforma che il nostro Paese aspettava da tempo, se vuole uscire dalla crisi e rimettersi in moto, e spero possa finalmente realizzarsi entro questa legislatura. Significherà un nuovo patto fra chi lavora e chi, operando nelle istituzioni, ha scelto di mettersi al servizio dei cittadini.

 

di Michele Luongo ©Riproduzione riservata
                  (06/03/2010)

 

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