Grano, etichetta, produttori miopi

Guerra del grano: Coldiretti attacca l’import, ma senza grano estero addio pasta di qualità. Appello all’Aidepi per un’etichettatura d’origine.

 di Roberto La Pira 

pasta-granoGrano, etichetta, produttori miopi. Proteste di Coldiretti in Puglia e in altre regioni contro il grano importato dall’estero e contro il prezzo troppo basso pagato alle aziende agricole italiane per il prodotto nazionale. Sono questi i titoli dei quotidiani, dei siti internet e dei telegiornali per raccontare l’ennesima protesta di lobby che fa capo a Coldiretti. Gli articoli riportavano la solita denuncia sul fatto che 1 pacco di pasta su 3 contiene grano importato dall’estero. La sceneggiata funziona sempre. I giornalisti raccontano le proteste senza un briciolo di approfondimento, la gente è contenta per la difesa a oltranza del made in Italy. La maggioranza dei commentatori ignora che la pasta italiana ha assolutamente bisogno del grano duro scaricato dalle navi, come pure delle cisterne di olio spagnole e greche, del latte e delle cosce di maiale che attraversano le Alpi, per produrre ed esportare prodotti considerati tra i migliori della produzione alimentare nel mondo. I dati sulle importazioni vanno letti con intelligenza.

È vero, il 30-40% di grano duro viene dall’estero. Ma le granaglie importate da Ucraina, Canada, Stati Uniti e altri paesi sono di alta qualità,  hanno un’elevata percentuale di glutine. Solo miscelando questo grano con quello italiano si ottiene la pasta che esportiamo in tutto il mondo!  Senza quel grano la nostra pasta non sarebbe così famosa nel mondo. Barilla, De Cecco, Delverde, Garofalo… potrebbero produrre solo grandi quantità di spaghetti e fusilli di qualità mediocre. Certo esistono linee di pasta confezionata con il 100% di grano nazionale, ma si tratta di quantità risibili, perché manca la materia prima di alta qualità. L’unico marchio presente su tutto il territorio in grado di proporre una pasta di alta qualità ricavata da grano duro italiano è Voiello. L’operazione è stata possibile solo perché 10 anni fa Barilla (proprietaria del marchio) ha iniziato a costruire una filiera di grano duro di alta qualità in grado di garantire l’approvvigionamento.

Coldiretti lamenta la mancanza sulle etichette dell’origine del grano e ha ragione, perché i produttori, dimostrando poca lungimiranza e una certa miopia, non scrivono sulle confezioni la provenienza del grano, pensando che la trasparenza possa nuocere all’immagine. Lo stesso comportamento di Barilla è ambivalente. Nella pasta a suo marchio non riporta l’origine, mentre per il marchio Voiello di sua proprietà sbandiera a destra e manca l’impiego di materia prima 100% made in Italy.

Per risolvere il problema basterebbe riportare sulla confezione l’elenco dei paesi stranieri che abitualmente riforniscono l’azienda. Si tratta di una scelta doverosa, da affiancare a un messaggio in cui si dice la verità: la pasta italiana è buona perché è preparata con una percentuale rilevante di grano pregiato straniero. Un altro suggerimento che i pastifici potrebbero seguire è di riconoscere un quid in più rispetto al prezzo di mercato al grano nazionale come ha fatto recentemente Granarolo con il latte fresco per sostenere le aziende agricole. Chissà se l’associazione di categoria Aidepi che raggruppa buona parte dei marchi importanti come Barilla, De Cecco e tutti gli altri, saprà rispondere in modo adeguato alla crisi sui prezzi. Tre sono le cose che dovrebbe fare Aidepi: smettere di starnazzare con Coldiretti, adottare provvedimenti concreti come le etichette trasparenti e prevedere un sostegno per i prezzi del grano nazionale. Conoscendo però la scarsa flessibilità dell’associazione di categoria sarà difficile realizzare anche solo una di queste cose in attesa della prossima sceneggiata di Coldiretti.
( www.ilfattoalimentare.it  )

 

    Redazione
 (01/08/2016)

 

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