Il dottor don Barreda y Zaldìvar

Il Palazzo di Giustizia cominciava a sgranchirsi dal suo riposo lucifugo e la sua mole andava inondandosi di un’affannosa ressa di avvocati, legulei, portieri, querelanti, notai, esecutori testamentari, baccellieri e curiosi.
Redazione

 

Un limpido mattino d’estate, attillato e puntuale com’era su abitudine, entrò il dottor don Pedro Barreda y Zaldìvar nel suo ufficio di giudice istruttore della Corte d’Appello ( sezione Penale) del Tribunale Superiore di Lima. Era un uomo giunto nel fiore dell’età, la cinquantina, e nella sua persona – fronte spaziosa, naso aquilino, sguardo penetrante, rettitudine e bontà nello spirito- la correttezza etica traspariva da una gagliardia che gli valeva sin dal primo momento il rispetto della gente. Vestiva con la modestia che si confà a un magistrato  dal magro stipendio, costituzionalmente impermeabile alla corruzione, ma con una correttezza tale che produceva un’impressione di eleganza.
Il Palazzo di Giustizia cominciava a sgranchirsi dal suo riposo lucifugo e la sua mole andava inondandosi di un’affannosa ressa di avvocati, legulei, portieri, querelanti, notai, esecutori testamentari, baccellieri e curiosi. Nel cuore di quest’alveare, il dottor don Barreda y Zaldìvar aprì la sua valigetta, ne estrasse alcuni incartamenti, si sedette alla scrivania e si accinse a iniziare la giornata. Qualche secondo dopo si materializzò nel suo ufficio, rapido e silenzioso come un meteorite nello spazio, il segretario, il dottor Zelaya, ometto occhialuto, con baffetti a spazzolino che mentre parlava si muovevano ritmicamente.
– Buongiorno, caro dottore; – salutò il magistrato, facendogli una riverenza a cerniera.
Anche a lei, Zelaya,- gli rispose affabilmente il dottore don Barreda y Zaldìvar. – Cosa ci appresta la mattinata?
-Stupro di minorenne con l’aggravante di violenza mentale,-posò sulla scrivania un pingue incartamento il segretario. – Il responsabile, un abitante della Victoria di aspetto lombrosiano, nega i fatti. I principali testimoni sono in corridoio.
– Prima di ascoltarli, devo rileggere il rapporto della polizia e la denuncia della parte civile, – gli ricordò il magistrato.
– Aspetteranno tutto il tempo che ci vorrà, – rispose il segretario. E’ uscì dall’ufficio.
Il dottor don Barreda y Zaldìvar aveva, sotto la sua solida corazza giuridica, un animo da poeta. Una lettura dei gelidi documenti giudiziari gli bastava per, scostando la crosta retorica di clausole e latinate, giungere con l’immaginazione ai fatti. Così, leggendo il rapporto redatto alla Victoria, ricostruì con vivezza di dettagli la denuncia. Vide entrare il lunedì precedente, nel commissariato del composito e variopinto distretto, la bimba di tredici anni, alunna della scuola Mercedes Cabello de Carbonera, chiamata Sarita Huanca Salaverria. Veniva piangente con i lividi sul viso, sulle braccia e sulle gambe, fra i suoi genitori don Casimiro Huanca Pedròn e donna Catalina Salaverrìa Melgar.
La minorenne era stata oltraggiata il giorno prima, nella casa popolare di avenida Luna Pizarro n.12, camera H, dal soggetto Gumercindo Tello, inquilino della stessa casa popolare ( camera J). Sarita, dominando la sua confusione e il suo strazio, aveva rivelato ai custodi dell’ordine che lo stupro non era altro che la tragica conclusione di un lungo e segreto assedio cui si era vista sottomessa dal violentatore. Questi, infatti, già da otto mesi – ossia dal giorno in cui era venuto a installarsi, qual stravagante uccello di malaugurio, nella casa popolare n.12 – molestava Sarita Huanca, senza che i genitori di costei o gli altri inquilini avessero potuto notarlo, con complimenti di cattivo gusto e insinuazioni audaci ( sul genere di: << Mi piacerebbe spremere i limoni del tuo giardino>> o << Un giorno di questi ti mungerò>> ). Dalle profezie, Gumercino Tello era passato agli atti, concretizzando diversi tentativi di palpamenti e baci della pubere, nel cortile della casa popolare n.12 o in vie adiacenti, quando la giovane tornata dalla scuola o quando usciva a far commissioni. Per naturale pudore, la vittima non aveva informato i genitori dell’assedio.
La sera della domenica, dieci minuti dopo che i suoi genitori erano usciti diretti al cinema Metropolitan, Sarita Huanca, che stava facendo i compiti, udì alcuni colpetti all’uscio. Andò ad aprire e si trovo davanti Gumercino Tello…..

 

…Tratto da “ La zia Julia e lo scribacchino” di Mario Vargas Llosa, Ed. Biblioteca di Repubblica, Novecento, 1977- Pag.352 – ISBN 84 96200 64 7

 

     Redazione

 (03/01/2015)

 

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