Il senso di colpa, quel confine

Il senso di colpa. Il dolore che si prova diventa l’eco di un disagio non risolto. La chiave per tentare di capire i meccanismi di questo stato, è da ricercare nel rapporto tra la realtà e la percezione della stessa attraverso il nostro sistema cognitivo-sensoriale
di Flavio Bertolini

 

Il senso di colpa, quel confineIl senso di colpa è una situazione emotiva molto soggettiva, che si manifesta quando la persona sente di aver causato un danno o un dispiacere verso qualcun altro, e per questo prova disagio, pensando in maniera frequente di volere porre un rimedio a compensazione. La condizione che si instaura con il senso di colpa è di particolare sofferenza per chi lo sta provando, che può avere espressioni anche molto invasive per la salute. Infatti la somatizzazione di uno stato emotivo disturbato e segnato in termini di pensieri negativi, porta spesso come conseguenza la manifestazione di patologie a livello di salute del corpo.

Per quanto riguarda l’espressione diretta del disagio emotivo provocato dal senso di colpa, il passo diretto verso uno stato depressivo è frequente. L’idea di avere causato, in maniera conscia o meno, un problema, di aver infranto regole, portano a soffrire. Il dolore che si prova diventa l’eco di un disagio non risolto. Da qui, la lotta tra inconscio non rimosso e desiderio di riparazione, diventano l’inizio di uno stato depressivo.

In questo confine, che viene tracciato tra una condizione che la persona subisce, oppure che ha causato in forma diretta con un atto volontario, si può definire la responsabilità o meno verso il proprio stato d’essere e la risposta verso questo tipo di emozione, che inevitabilmente in tutti i due i casi si manifesta.  Quando si causa un danno a qualcuno, sia se è stato fatto in maniera intenzionale o per semplice atto fortuito dovuto ad altre motivazioni di cui non si è stati pienamente responsabili, si cade in un meccanismo legato all’emozione che inevitabilmente si prova per il dolore che sta vivendo la persona coinvolta nel fatto.

Certamente la sensibilità soggettiva è un elemento non uniforme, e quindi la reazione della psiche di ognuno è molto legata alla propria modalità di compensazione emotiva. Il fatto comunque rilevante per chi è colpito dal senso di colpa, è che si provoca uno squilibrio nel proprio stato di salute, sia mentale che fisica, proprio a causa della sofferenza che gli altri provano.

La chiave per tentare di capire i meccanismi di questo stato, è da ricercare nel rapporto tra la realtà e la percezione della stessa attraverso il nostro sistema cognitivo-sensoriale. Sigmund Freud aveva affrontato il tema nel suo libro “Lutto e malinconia” del 1915, portando l’attenzione dell’importanza nello sviluppo mentale a partire dall’infanzia, periodo in cui pensiero e realtà esterna sono percepiti senza un’apparente distinzione, che poi si specificherà con la crescita. E’ questo il tempo in cui può comparire un modo di rapportarsi con la realtà che tende a soggettivizzare tutto attorno al proprio modo di essere.

Quindi, se qualcosa succede, c’è un riflesso diretto a cui io do un contributo con il mio comportamento. E se intorno a me assisto a situazioni di sofferenza, tendo a farmi un quadro di auto colpevolizzazione oggettiva, che può avere degli effetti patologici.

Nell’esame di realtà, importante è valutare se effettivamente con il nostro comportamento abbiamo provocato qualche effetto negativo sugli altri. Al di la di casi tipici come può essere l’incidente di macchina, il senso di colpa vive molto nelle dinamiche relazionali, in particolare d’amore. E’ questo un ambito di sofferenza del “cuore” e dell’anima, che deve essere tenuto molto in considerazione, poiché gli effetti possono essere anche molto invasivi del nostro benessere emozionale.

Non c’è solo lo stato depressivo più ho meno grave, ma anche il semplice riflesso sull’umore che la colpevolizzazione autoimposta o di riflesso provoca.

A monte c’è una questione di fondo, e cioè l’impreparazione per gestire determinate situazioni. Il grado di intelligenza emotiva non è molto sviluppato, ed in particolare questa competenza che ha un valore molto pregnante per la vita di tutti, non è ancora molto considerata, e insegnata. L’intelligenza emotiva è la capacità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie e altrui emozioni in maniera consapevole. Il rischio che la mancanza di una sana intelligenza emotiva comporta, è quello di sentirsi responsabili in qualche misura un po’ di tutto quello che accade. E attribuirsi profili di colpa percepita, di cui non c’è nessuna ragion d’essere.

Si tratta di avere coscienza che quello che succede dipende al di là della nostra presenza al mondo, al di là della nostra volontà. Molto spesso non riusciamo a comprendere, che le decisioni che riguardano gli altri… sono gli altri che le prendono. E se qualcosa non va come dovrebbe, il nostro atteggiamento non può essere di specchio riflesso, ma semmai di umana partecipazione e solidarietà, non di colpa.

L’elemento fortuna è un carattere presente, come il principio finalistico, il destino è un po’ una trottola che gira diversamente per tutti. Non si può troppo domandarsi perché uno riesce a diventare felice, ricco, amato e soddisfatto e chi invece vive nel dolore. Spesso, al di la dell’impegno soggettivo nel porsi al mondo, quello che ci accade non è colpa di terzi. Ma anche no, in quei casi il senso di colpa è quasi un richiamo verso chi mette in atto pratiche vessatorie o comportamenti lesivi e squilibranti per affermare se stesso.

E’ un cartellino giallo, o rosso, come si preferisce, il senso di colpa può farti riflettere sulla qualità delle tue scelte, e sul perché le hai messe in atto. E’ un invito a cambiare, prima che sia troppo tardi, perché se un disagio naturale che il senso di colpa ti provoca in tempi in cui qualcosa si può rimediare, quando sei giovane o in età matura per esempio; se però questa consapevolezza che il senso di colpa ti rimanda, quando viene decifrato il messaggio inconscio che ti sta proponendo (cambia!), non si accoglie, allora il senso di colpa diventa un peso sulla coscienza senza possibilità di essere tolto, quando compare in età molto avanzata.

Li c’è la vera crisi, visto che al male causato, non c’è tanta possibilità di rimedio, resta solo la possibilità di chiedere perdono, ma difficilmente anche se si tenta di restituire, c’è un feedback autentico. Rimane solo la pietà….

 

   di Flavio Bertolini
      (14/09/2019)

 

 

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