La regola delle ombre di Giulio Leoni

La regola delle ombre, un romanzo è avvincente. Un conflitto perenne, che rimanda alle lotte intestine che hanno da sempre attraversato e attraversano l’Italia. Roma non è solo la location dove agiscono i personaggi, ma la reale protagonista di questa vicenda. 
di Luigi  Oreste Rintallo

 

La regola delle ombre di Giulio Leoni è un libro davvero bello. Ecco la solita recensione benevolente, si dirà; tanto più che l’autore è persona amica. A costo di sfidare l’abisso del banale, insistiamo nel giudizio apodittico e potremmo anche chiudere così. Ma proviamo a spiegare perché ci è piaciuto.  Il romanzo è avvincente, “prende” e si legge di filato: ha insomma le qualità del prodotto di un bravo narratore. Leoni è un tusitala, per dirla con Stevenson: un raccontatore di storie, non si avvita in psicologismi sterili e segue la strada del racconto come piacere. Scelto il genere del giallo storico, ha mostrato di saperlo maneggiare con gusto dissacratorio, proponendoci il Dante investigatore protagonista dei quattro romanzi che l’hanno fatto conoscere a un folto pubblico (I delitti della Medusa; I delitti del mosaico; I delitti della luce e La crociata delle tenebre).

Tuttavia, non contento di ciò ha riempito le sue trame non solo di assassini ma anche di pronunciamenti filosofici e, quando gli capita, di riferimenti all’attualità percorsa ora da devastanti sbandamenti dal senso comune, ora da drammatiche tensioni che sembrano annunciare rivolgimenti epocali.

Accade anche stavolta che al Medioevo si sostituisce come età di sfondo il Rinascimento. L’azione della Regola delle ombre si svolge tra la Firenze di Lorenzo il Magnifico e la Roma degli intrighi della corte papale, dove tesse la sua tela Rodrigo Borgia, il cardinale che salirà al soglio pontificio col nome di Alessandro VI nel 1492. In un febbraio di dieci anni prima, percosso da una gelida tramontana, prende le mosse la storia che ha per protagonista Giovanni Pico della Mirandola, appena ventenne, inviato dal signore di Firenze nella città eterna alla ricerca di un libro misterioso, all’origine di efferati delitti.

Roma non è solo la location dove agiscono i personaggi, ma la reale protagonista di questa vicenda: non a caso i suoi capitoli hanno tutti per titolo i luoghi della città, dove Pico della Mirandola va alla ricerca della verità. Le rovine antiche assieme ai palazzi signorili, eretti coi materiali da esse sottratti, gli intrichi di vicoli e l’anello delle sue mura danno voce al racconto di un sapere esoterico, ove si mescolano segreti e cospirazioni. Le apparizioni di una donna bellissima, nella quale tutti riconoscono madonna Simonetta Vespucci, la splendida modella di Botticelli morta di tisi sei anni prima, scandiscono le tappe del viaggio intrapreso dal giovane Pico, che affronta l’impresa forte del suo credo avverso alle superstizioni.

Nello svolgersi della trama, affiorano così i sentieri di un pensiero rinascimentale spesso nascosti, coperti dai paramenti razionalisti di un’epoca per molti aspetti fraintesa. L’inchiesta di Pico incrocia la personalità sfuggente di Leon Battista Alberti: deve confrontarsi con il genio del grande architetto, morto a Roma nel 1472, se vorrà venire a capo del mistero.  

L’indagine, allora, non riguarda soltanto una catena di omicidi, ma questo mondo occulto e separato, perseguitato dall’Inquisizione e tuttavia indomito e irriducibile. Emerge, dalle pagine di Leoni, l’ “altro” Rinascimento: erede diretto della sapienza antica pre-cristiana, esso si dibatte fra l’eresia neo-platonica e quella epicurea, ma al tempo stesso prefigura un mondo totalmente nuovo votato a scardinare dalle fondamenta il potere della Chiesa.

Un conflitto perenne, che rimanda alle lotte intestine che hanno da sempre attraversato e attraversano l’Italia e che spingono Pico a chiedersi: “Ma come si regge lo Stato, se ogni sua parte sembra in convulsione e battaglia contro l’altra?” (p. 129). Ma non è la sola eco del presente che ricorre nel libro.

Qui ci limitiamo a citare altri due spunti: i ribelli che trovano accoglienza presso “i palazzi della nobiltà… approfittando del prestigio e delle ricchezze dei loro padroni”, così simili ai salotti che accolsero i “cattivi maestri” del terrorismo brigatista, oppure la contestazione dei luoghi comuni sui mutamenti climatici, le cui fragili spiegazioni vedono Pico aggrottare le ciglia, “perplesso” (pp. 131-132). Ma si potrebbe continuare, perché a un occhio attento non sfuggono allusioni e rimandi.

Pico, il nuovo eroe di Giulio Leoni, ancor giovanissimo ma dotato di una memoria straordinaria capace di assimilare infinti saperi, possiede tutti i crismi per ricalcare le orme di Dante. In più ha, se non ci sbagliamo, il vantaggio di incarnare ancor meglio pensieri e passioni del suo inventore. Per questo contiamo di rivederlo presto in azione.  

Giulio Leoni “La regola delle ombre” Mondadori, pp. 415, Euro 19,00  
( www.agenziaradicale.com )

 

    Redazione
  (23/03/2016)

 

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