Sante Pedrelli, un bel momento mi stufo

Ricordando Sante Pedrelli: Un Uomo vero e un grande Poeta. Nella sua ultima opera edita “Extra Time” il poeta si addentra lungo un singolare camminamento esistenziale fuori tempo.

di Davide Argnani

 

Sante Pedrelli, un bel momento mi stufoIl poeta Sante Pedrelli è scomparso nella sua casa a Roma la notte di venerdì 10 novembre in seguito a improvviso malore lasciando sola l’adorata moglie Maria. Era nato nel  1924 a Montilgallo di Longiano di cui è stato Sindaco dal 1951 al 1958. Fin dal dopoguerra è stato dirigente sindacale per la CGIL a Forlì-Cesena e poi a Roma dove si era trasferito nel 1967 e dopo gli studi (Lettere moderne) presso le Università di Bologna e Roma si è dedicato all’impegno sociale fino al raggiungimento della pensione. Amico del poeta Tito Balestra di Longiano iniziò ben presto a scrivere versi nel suo dialetto longianese e nel 1993 uscì la prima raccolta “L’udòr de vent” con la prefazione del noto critico Cesare Vivaldi per le Edizioni della Cometa di Roma, poi con Mobydich di Faenza nel 1997 esce “E’ ghéfal” con prefazione di Renato Turci, “E’ nòud me fazulètt” con prefazione di Pietro Civitareale per Raffaelli Editore di Rimini e nel 2009 “A gli’ òmbri” con prefazione di Davide Argnani per Pazzini Editore Rimini 2009 nella collana ‘Parole nell’ombra’ diretta da Ennio Grassi, e nel 2017 per le edizioni de L’Ortica di Forlì l’ultima opera “Extra Time” con prefazione di Paolo Turroni e testimonianze di Gian Piero Stefanoni e Davide Argnani. Nell’arco degli anni si è aggiudicato il primo premio in diversi importanti concorsi di poesia dialettale  anr tutti si cita il Premio.

Nella sua ultima opera edita “Extra Time” il poeta si addentra lungo un singolare camminamento esistenziale fuori tempo, fra passato e presente, senza nostalgie né rimpianti, ricostruendo un diario di vita ricco di eventi e passioni vissuti con impegno e onestà; andando poi ogni  tanto a porgere, con le sue parole, un saluto agli amici di una vita come i poeti Tolmino Baldassari, Raffaello Baldini, Tito Balestra, Federico Fellini, Ilario Fioravanti, Tonino Guerra, Cino Pedrelli, Aldo Spallicci. Ciò che sorprende è che Pedrelli ha sempre continuato a parlare e a scrivere il dialetto di quando ha imparato a pronunciare le prime parole, verso la fine degli anni venti del secolo scorso, ancora in piena civiltà contadina, come se il mondo fosse rimasto sempre fermo, ma non è la nostalgia né la retorica di un puro a m’arcörd di un uomo emigrato dal suo paese di montagna da Longianoalla Capitale.

Quella di Pedrelli è una lingua pura. È il sangue dell’uomo e delle sue origini: schietto, inalterato, aspro e robusto come le pietre aguzze di Montilgallo, da dove, fra colline ondulate e solari, si scende fra Cesena e Santarcangelo di Romagna con un occhio rivolto verso San Mauro, il paese di Giovanni Pascoli. La poesia di Pedrelli è una Lingua fra terra e mare, fra collina e pianura, fra paese e città, mito e realtà della sua terra per dirla con le vene langarole dei Paesi tuoi  di Cesare Pavese; poi c’è, soprattutto, anche un modo tutto suo di sfogarsi, quello terragno della appartenenza culturale e politica con licenze epigrammatiche e satiriche alla Stecchetti ancor più dirette, pungenti e saettanti da ricordarci una sua originale vicinanza alla poesia degli indimenticabili amici conterranei come Tito Balestra e Walter Galli. Insomma la poesia di Sante Pedrelli risalta eccelsa per la sua forma e i suoi contenuti esistenziali e di amore per la vita impossibile da dimenticare, perché, come dice il poeta Nevio Spadoni: “I poeti vengono meno, ma non la loro poesia”!

 E ora, da martedì 14 novembre 2017, il Poeta ritorna al suo paese di Longiano per non abbandonare le sue origini, proprio come una promessa fatta da sempre o come quando con i suoi versi dall’ultima opera “Extra Time” ricorda il caro amico Raffaello Baldini nella poesia a lui dedicata: Ma Raffaello – “T’aviva rasòun tè/d’no lascè tottalè,/cminzé d’arnov pr’e’ vers/a scòrr, truvès, iutés.” (A Raffello: “Avevi ragione tu/di non abbandonare tutto,/ma ricominciare per il giusto verso/con il colloquio, l’accordo, l’aiuto.”.

E poi salutando tutti con la ‘maschera’ del commiato eterno: 

LA MASCRA

Un bèl mumòint a m’stóf 
e a dégh s-ciao ma tótt,
a i ò buté la mascra
a n’ò piò gnent ad mì.

E a so fóia d’érba,
la fóia ad pangastrèla,
ch ‘la cór se fióm dla véita
la va a caval dagli óndi.

LA MASCHERA

Un bel momento mi stufo
e dico ciao a tutti,
ho buttato la maschera
non ho più niente di me. 

E sono la foglia d’erba
la foglia di panicastrella,
che corre sul fiume della vita
e cavalca le onde

(  http://farapoesia.blogspot.it   )

 di Davide Argnani
 (18/11/2017)

 

 

 

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