Trittico inedito di Vetromile

Su un trittico inedito di Giuseppe Vetromile. I poeti sono la voce dell’Umanità che cammina nel Tempo. L’uomo muore, le  cose inventate restano a parlare nel silenzio. L’ennesima salita.
di Vincenzo D’Alessio

 

Trittico inedito di Giuseppe Vetromile. La Poesia rappresenta la più forte evoluzione del suono, della parola, della scrittura, che hanno accompagnato la Civiltà degli uomini fino ai giorni nostri. Capita così che un poema di duemila anni fa che racconta le vicende tra mare e guerre di Odisseo giunga ai nostri sensi intatto a sommuovere i sentimenti dell’uomo di oggi universalmente tecnologico.

Da almeno quarant’anni, Giuseppe Vetromile, raccoglie consensi nei concorsi nazionali, giungendo ai primi posti, con la sua poetica affabulatrice partita dalla visionaria realtà meridionale per giungere alla liricità del solipsismo di questo Ventunesimo secolo nel quale le cose, umanizzate, scandiscono il tempo degli uomini. La sua poetica si è evoluta nel tempo.

Il trittico composto dalle tre poesie : L’ennesima salita”, “Le cose stanno nel cassetto” e “ Si ritorna sempre qui” , ha vinto il primo premio alla tredicesima edizione del Premio Nazionale “ Città di Forlì 2016”.

La disamina attenta del circostante investito dagli eventi naturali, giornalieri, trasmette al lettore la caduta dei  sentimenti ,quella energia che per secoli ha sostenuto  il dialogo generazionale. La perdita di umanità , causata dall’industrializzazione e dallo scientismo spinti al massimo,  hanno compresso l’uomo decretando la morte della bellezza e degli Dei. L’uomo non ha alcuna necessità del metafisico, del divino, ha essenzialmente  fame del tecnologico, delle cose inventate che lo accudiscono.

L’uomo muore, le  cose inventate restano a parlare nel silenzio. Una volta le immagini, i racconti, i monumenti erano realizzati per tramandare la Civiltà umana, erano infusi  di un’ anima recondita che si risvegliava al contatto con la sensibilità dei secoli che attraversava. Oggi anche le immagini, ammalate di velocità , hanno perso di intensità scadendo nel baratro dell’inutile consumo.

 “ Le cose stanno nel cassetto senza nessuna fretta di scomparire” scrive il Nostro declamando la triste sorte che spetta all’ uomo di oggi divenuto “ ombra di sbieco” . In questa trasmissione energetica le cose posseggono l’anima del possessore scomparso e vibrano di quell’unica forza protesa ad annodare il passato con l’irraggiungibile presente: i ricordi. La trasmissione dei pensieri  lega, attraverso gli oggetti, la persona scomparsa a coloro che restano.

Trittico inedito di Giuseppe Vetromile. L’esercizio poetico di Vetromile è mirabile, proteso a svelare l’oscurità dell’abisso che continuamente si avverte ad ogni morte : “ (…) ho provato per un momento a de cadere nel cielo /  farmi volo veggente oltre il tempo e lo strato /  terreno dei miei piedi / – il salto inopinato fuori dalla finestra –  / cercando giorni illuminati dalle parole dei poeti /  non ho trovato alcuna scienza / e  i tratti di inchiostro rifluiscono indeterminati / su un foglio che è ampio tutta una vita / ”.

 “ Si torna sempre qui” è il titolo di questi ultimi versi citati, la ricerca che nell’anima del poeta, dell’uomo, si fa scintilla primitiva di luce, quel raggio di sole di quasimodiana memoria, proteso a svelare a noi che il dono della poesia tormenta il poeta ma sazia l’umanità che a questa fonte si disseta.

L’anafora presente nella poesia “ Le cose stanno nel cassetto” , l’identità dell’io narrante , riporta alla mente i versi della poesia “ Non chiederci la parola” di Eugenio MONTALE, il quale tenta il lettore chiedendogli di soffermarsi nell’incanto di quelle storte sillabe che lo sostengono  nel dialogo senza tempo: kairos , il tempo giusto mentre tutto accade che in Vetromile si legge così : “ (…) il vortice dell’intero pianeta / che continuava il suo giro ineluttabile / attorno ai confini del creato / sanciva la fine e l’inizio concentrici /  ”  .

L’io scrive, racconta agli uomini quel tempo delle cose che sfugge, velocissimo, più delle immagini trasmesse dagli smartphone  o dai satelliti che pendono sulle teste dei comuni mortali incoscienti.

La destinazione ancestrale della scomparsa terrena degli esseri umani sembra svanire in “ (…) quell’ oceano infinito / del mondo qualunque ed appiattito /” . I versi di questa triade felice la riportano allo stato di grazia che non ha più radici nella Fede monoteistica che ha accompagnato l’uomo da millenni soggiogandolo alla paura del peccato e della pena ma destinandolo alla trasmissione dell’energia vitale negli oggetti che lo ricorderanno, che sopravvivono all’urto violento del Tempo.

“(…) ed io dall’abisso ricominciavo l’ennesima salita /  con un minimo abbrivo di speranza ” , questi  versi che chiudono la poesia “ L’ennesima salita”  richiamano il fervore della foscoliana “ dea speranza”  questa volta, però, munita di quella forza iniziale che determina il movimento del distacco della nave dalla riva per intraprendere il viaggio. Viaggio che ogni essere vivente deve intraprendere (télos) per ritrovarsi nell’energia cosmica dell’ Essere.

 

di Vincenzo D’Alessio ©Riproduzione riservata
                  (31/05/2016)

 

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