Un nuovo Thomas Mann

Thomas Mann stilava le sue parole come note di una composizione musicale.  C’è una fotografia che ritrae lo scrittore curvo sul suo principale strumento di lavoro: un fitto schedario in cui registrava vocaboli, espressioni, aggettivi, sfumature di senso, sinonimi, e che poi sistematicamente compulsava per mettere a punto i suoi testi.
di Franco Volpi

 

Uno scrittore che sa aprire e chiudere le sue frasi con la scioltezza con cui una mano apre e chiude un ventaglio. Un virtuoso del periodo, capace di architettoniche maestose e di una scrittura che ha la durezza del granito e il tremolio delle foglie. Uno che, mentre lo leggi, ti vuole trasmettere l’impressione di essere non solo grande, ma l’unico grande. Insomma, un prosatore imperiale. Questo è Thomas Mann, e queste le ragioni per le quali le avanguardie e i rivoluzionari della parola non lo hanno mai amato. Comunque sia, volgere la sua opera in un’altra lingua è come tradurre poesia. Sono lì a ricordarlo le meritorie ma ormai invecchiate edizioni curate da Lavinia Mazzucchetti per Mondadori tra il 1949 e il 1963, più volte ristampate ma da tempo in attesa di un coraggioso germanista in grado di ripensarle e ammodernarle.

Con questo primo volume dei Romanzi Renata Colorni ha avviato nella collana dei Meridiani l’ambizioso progetto di ritraduzione dell’intera opera narrativa di Thoma Mann, che si articolerà in quattro tomi ( a cui si affiancano i due comprendenti Giuseppe e i suoi fratelli, usciti nel 2000). Una sfida da far tremare i polsi, tanto più che proprio I Buddenbrook e Altezza Reale, inclusi nel primo volume, hanno avuto traduttori del calibro di Furio Jesi e Anita Rho. Eppure, da quel che si vede, Renata Colorni sta vincendo la sua scommessa. Anzitutto per la qualità delle nuove traduzioni, di Silvia Bortoli e Margherita Carbonaro, che restituiscono la complessa orchestrazione della frase e la caleidoscopica ricchezza dello stile di Thoma Mann.

C’è una fotografia che ritrae lo scrittore curvo sul suo principale strumento di lavoro: un fitto schedario in cui registrava vocaboli, espressioni, aggettivi, sfumature di senso, sinonimi, e che poi sistematicamente compulsava per mettere a punto i suoi testi. Sapere che Thomas Mann stilava le sue parole come note di una composizione musicale, in cui nulla era lasciato al caso, è un memorandum che impone al traduttore altrettanta accuratezza e attenzione.

Le nuove traduzioni ottemperano a questo delicato compito in modo egregio, e il risultato è che <<il lettore italiano si trova davanti un Mann quasi inedito>>, come si annuncia con un filo di enfasi, ma a buon diritto, nella presentazione dell’impresa. La quale eccelle anche per gli esaurienti apparati: oltre al saggio introduttivo La forza sovrana dell’amore di Marcel Reich-Ranicki, gran camerlengo della critica letteraria tedesca cui è stato affidato il battesimo internazionale dell’edizione, e oltre all’utilissima Cronologia di Fabrizio Cambi, ciascun romanzo è presentato con un’ampia introduzione , firmata da uno specialista, ed è accompagnato da un commento di spiegazione storico – filologica – letteraria affidato alla stessa mano per tutti i volumi, quella del giornalista Luca Crescenzi, a garanzia della coerenza dell’edizione. Crescenzi riversa nel suo commenti i portati più recenti di Thomas –  Mann – Forschung, in particolare le nuove notizie che si desumono dai diari, pubblicati fra il 1979 e il 1995, e i copiosi materiali raccolti nella Frankfurt Ausgabe, la grande edizione commentata iniziata nel 2002 dalla casa editrice S. Fischer.

Insomma, un Meridiano superlativo, il miglior invito a rileggere Thoma Mann, e anzitutto i due grandi romanzi con cui esordì:  I Buddenbrook, apparso nel 1901 quando l’autore aveva appena ventisei anni, e che gli valse nel 1929 il premio Nobel, e Altezza reale, del 1909. due capolavori che aggiungono alla realtà storica del primo Novecento la sua quarte dimensione: quella letteraria.   

Dal quotidiano “La Repubblica” del 28/04/07

 

    Redazione
  (28/03/2015)

 

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