I veri precari sono gli studenti

L’anno scolastico inizierà con tanti che sono stati assunti, ma nel posto sbagliato, mentre un buon numero di cattedre, come sempre, sarà coperto dai supplenti. Intanto si provi a cancellare la scemenza del valore legale del titolo di studio e a fornire il buono scuola alle famiglie.
di Davide Giacalone

 

 

scuola-studenti
Scuola, insegnanti, studenti

Al governo si sono accorti di quel che avvertimmo subito: assumendo gli insegnanti da graduatorie stratificatesi negli anni non avrebbero mai avuto quelli di cui c’è bisogno, ma solo quelli che capitano. La nostra non era preveggenza, ma banale buon senso. La loro non era imprevidenza, ma impudicizia nel mentire. Si sapeva che sarebbe andata a finire così. Si sapeva che con quelle assunzioni di massa sarebbe cresciuta la spesa pubblica, senza far crescere di niente la qualità della scuola. Ora dicono che gli effetti positivi si vedranno nell’anno scolastico 2016-2017. Sì, lallero. Immagino cerchino anche la pentola con le monete d’oro, ai piedi dell’arcobaleno, indispettiti dal suo allontanarsi al loro avvicinarsi.

Fra qualche settimana, quindi, l’anno scolastico inizierà con tanti che sono stati assunti, ma nel posto sbagliato, mentre un buon numero di cattedre, come sempre, sarà coperto dai supplenti. Che facciamo, li iscriviamo in una apposita lista di precari, così il prossimo governo improvvisatore li assume in blocco? Oltre tutto le assegnazioni vengono fatte non per materia (matematica, fisica, geografia, inglese, etc…), ma per area tematica (scienze, letteratura, lingue, etc…), il che moltiplica la destinazione errata delle persone sbagliate. Così funziona il cervellone del ministero, dicono. No, così è stato programmato dai cervellini che parlano il sindacalese.

Per cercare di parare il colpo, sapendo che l’anno scolastico in procinto d’iniziare sarà disgraziato, s’è inventata la polemica estiva contro i precari riluttanti, quelli che non vogliono essere assunti. Alcuni di loro, del resto, volendo confermare la propria natura d’impiegati senza alcuna vocazione all’insegnamento, hanno strillato contro le “deportazioni”. La faccenda è più banale: solo chi vive fuori dal mondo può supporre che si possa cambiare città per 1300 euro al mese. Con quella cifra non ci paghi il mantenimento di una famiglia o due residenze. L’errore, però, sta nel volere assumere non sulla base del bisogno produttivo, ma dei presunti diritti del lavoratore. Ragionando nel primo modo prendi le persone adatte, nelle vicinanze di dove ti servono, con economie domestiche che s’arricchiscono, anziché il contrario. Ragionando nel secondo le prendi a cappero, in giro per l’Italia, quelli faranno ricorso e lo vinceranno.

Prevedo, quindi, che l’anno scolastico che s’avvia sarà peggiore dei precedenti, perché l’assenteismo crescerà. Spero di sbagliarmi.

Intanto le famiglie si attrezzano per il corredo scolastico. Io andavo a scuola con una cinghia, capace di reggere libri e quaderni che servivano. Ora si devono dotare i pargoli di zaino modello astronauti in passeggiata nello spazio, riempiendoli di tanti libri, la cui taglia media è quella dell’enciclopedia che compravamo a rate. Li vedi uscire sfidanti la forza di gravità. Prima, però, hai visto uscire all’incirca 1000 euro, per comprare tutta quella roba. Il che porta la spesa italiana per la scuola da sotto a sopra la media europea. Così attrezzati e così costosi si recano nella scuola del passato remoto. Mi sono anche stufato di ripeterlo e documentarlo: la digitalizzazione fa risparmiare una montagna di quattrini e rende migliore la didattica, consentendo anche di valutare le capacità degli insegnanti. Tre ottime ragioni per cui non si fa.

E’ in scuole così combinate che s’è formata la classe dirigente capace di dire che la scuola migliora perché si assumo 160mila persone. Dicono anche: ci mettiamo i soldi. Appunto, almeno li risparmiassero. Si provi a cancellare la scemenza del valore legale del titolo di studio e a fornire il buono scuola alle famiglie, si vedrà che mettendoci meno soldi e restituendo più libertà, le scuole desiderose di distinguersi e guadagnare non avranno un insegnante di matematica a spiegare la geografia, né faranno buttare soldi nell’acquisto di tomi da lasciar largamente intonsi, preferendo fornire tablet, dispense e biblioteche. I veri precari, a scuola, sono gli studenti. E’ micidiale che si calcoli il peso dei nuovi stipendi nell’ipotetica e asfittica ripresa, mentre non si tenga in alcun conto il peso morto dell’ignoranza nel restare condannati ad arrancare in fondo alla fila. ( www.davidegiacalone.it )

 

  di Davide Giacalone
       (21/08/2015)

 

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