Isis, qualcosa non torna

Ma perché l’America non vuole distruggere l’Isis? E perché i Paesi europei, pur essendo direttamente esposti alla minaccia jihadista, lasciano fare?
di Marcello Foa

 

isis
Isis

Chi osserva con disincanto le vicende in Medio Oriente lo ha capito da tempo: l’America che negli anni Duemila ha lanciato una guerra feroce – e decisamente sproporzionata – ad Al Qaida, ora appare molto svogliata contro una minaccia ben più concreta: quella dell’Isis.
Come ho documentato da tempo, l’Isis un paio di anni fa è stato usato, armato e finanziato da Arabia Saudita, Emirati Arabi e dagli stessi Stati Uniti nel tentativo di abbattere il regime di Assad. Grazie anche a quei finanziamenti l’Isis si è ampliato, si è rafforzato ed è partito alla conquista di larghe parti dell’Iraq e ha infiltrato i suoi jihadisti in altri Paesi, fino alla Libia.
L’Isis, come purtroppo ben sappiamo, sta destabilizzando tutta la regione.
L’America ufficialmente dice di volerlo combattere e gli alleati arabi, ufficialmente, non sostengono più i miliziani del nuovo califfato. Ma qualcosa non torna: sarebbero bastate alcune giornata di bombardamenti intesi sulle milizie Isis – stile quelli condotti sulla Libia – per letteralmente annientare l’Isis. Invece, l’America ha dato sì avvio ai bombardamenti ma con il freno tirato; limitandosi a bombardamenti simbolici. E l’Isis infatti ha continuano ad espandere la sua influenza.

Ora il sospetto degli analisti trova conferma nelle denunce dei piloti americani, che affermano di essere frenati da regole di ingaggio assurde, come dimostra questo articolo, di cui riporto uno stralcio: “” Lungaggini inspiegabili fanno scappare i terroristi appena individuati: “Ci sono stati momenti in cui avevo gruppi dell’Isis nel mirino ma non avevo l’autorizzazione a colpire”, ha detto il pilota di un F-18 a Fox News.  Il tempo che intercorre tra la richiesta di autorizzazione e il via libera a colpire – secondo quando dicono gli stessi piloti – sarebbe enorme ed inaccettabile: “Per ricevere l’autorizzazione ad attaccare un obiettivo Isis, sono necessari anche 60 minuti”. Un’enormità che avrebbe fatto sfuggire più di una volta l’obiettivo da centrare. Regole d’ingaggio che stanno ostacolando la guerra al califfato”.

E allora sorge una domanda: perché l’America NON vuole distruggere l’Isis? E perché i Paesi europei, pur essendo direttamente esposti alla minaccia jihadista, lasciano fare? ( www.ilgiornale.it )

 

   di Marcello Foa
   (01/06/2015)

 

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