Natale Cristiano in Medio Oriente

Rispetto e libertà di culto per i cristiani sono merce rara in Medio Oriente. Con una vistosa eccezione. Da tempo i cristiani sono in fuga dalle aree controllate dai palestinesi a causa dei sistematici abusi che subiscono.  
del Jerusalerm Post

 

Natale Cristiano in Medio Oriente
Simboli di Natale e Hannukkà a Haifa, sullo sfondo del Tempio Baha’i

Natale Cristiano in Medio Oriente. La maggior parte dei cristiani in Israele non festeggerà questa settimana perché sono greco-ortodossi e il loro Natale cade il 7 gennaio. Ma questo è comunque un buon momento per fare il punto sullo stato della libertà di religione in questa regione.

All’inizio di questo mese, il capo della Chiesa d’Inghilterra ha scritto sul Sunday Telegraph che milioni di cristiani in Medio Oriente sono ai limiti di una “imminente estinzione”. “Nel luogo di nascita della nostra fede, la nostra la comunità rischia l’estinzione”, ha scritto l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, definendo quella attuale “la situazione peggiore dopo le invasioni mongole del XIII secolo”.

In Egitto i cristiani vengono tormentati dalle istituzioni di governo, cosa che li spinge a emigrare in quantità record. I cristiani libanesi temono il crescente potere nel loro paese degli islamisti sciiti Hezbollah, unito all’afflusso di profughi siriani. Anche i cristiani turchi subiscono l’oppressione del loro governo. E in Iraq, la popolazione cristiana è stata quasi spazzata via, mentre quelli rimasti cercano faticosamente di ricostruire le propria vita.

La popolazione cristiana palestinese è in costante diminuzione. Da tempo i cristiani sono in fuga dalle aree controllate dai palestinesi a causa dei sistematici abusi che subiscono. Impossibile dimenticare l’irruzione a mano armata che terroristi affiliati all’allora capo dell’Olp, Yasser Arafat, fecero nella Chiesa della Natività di Betlemme nel 2002, saccheggiandola e tenendo in ostaggio i monaci.

Natale Cristiano in Medio Oriente. L’anno scorso i cristiani erano solo il 2% della popolazione palestinese di Cisgiordania e striscia di Gaza, meno della metà di quanti erano una generazione fa. Nel 1950 a Betlemme, la città natale di Gesù, l’86% dei residenti era cristiano. Nel 2017 erano scesi al 12%. A Gaza, c’erano 6.000 cristiani quando Hamas ne prese il controllo nel 2007, ma nel 2016 se ne contavano solo 1.100. Hamas ha assassinato cristiani palestinesi a causa della loro fede e ha requisito a scopi militari la Chiesa Battista di Gaza perché è uno degli edifici più alti della città. Nonostante tutto questo, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) continua a sostenere di essere un difensore dei cristiani, e la dirigenza palestinese nel suo complesso ritiene di avere titolo per controllare i luoghi santi cristiani nel momento stesso in cui insiste a negare la storia di quei luoghi.

Ai palestinesi piace sostenere che “Gesù era palestinese”, anche se era ebreo (e ovviamente non aveva nulla a che fare né con gli arabi né con l’islam, e nemmeno con il termine Palestina imposto dai Romani cento anni dopo di lui ndr). Incuranti dell’importanza che riveste il Tempio di Gerusalemme nella narrazione del Nuovo Testamento, molti palestinesi e molte autorità palestinesi negano che a Gerusalemme vi sia mai stato un Tempio ebraico. Questo grottesco negazionismo impera anche oggi, ma il caso forse più famoso rimane quello che vide protagonista lo stesso Arafat quando cercò di sostenere con l’allora presidente americano Bill Clinton che il legame storico degli ebrei con Gerusalemme è tutta una menzogna. Clinton rispose ad Arafat che si sbagliava: da cristiano, disse, so bene che lì c’era il Tempio ebraico.

Nel frattempo, in Israele la popolazione cristiana è rimasta per lo più stabile intorno al 2%, crescendo in cifra assoluta insieme alla crescita generale della popolazione. In Israele i cristiani sono liberi di professare la loro fede senza vessazioni né pressioni da parte delle autorità o dei loro concittadini.

L’ultima controversia con le Chiese di Gerusalemme illustra perfettamente la differenza abissale che c’è tra Israele e i suoi vicini mediorientali. Il nodo del diverbio riguarda la gestione di terreni di proprietà della Chiesa greco-ortodossa sui cui risiedono privati cittadini israeliani. I residenti di Gerusalemme sono preoccupati che la vendita di quei terreni da parte della Chiesa a soggetti terzi possa mettere a repentaglio le case si loro proprietà, che su quei terreni si trovano, mentre dal canto suo la Chiesa vuole poter sfruttare i suoi vasti appezzamenti per ricavarne fondi di cui dice d’avere molto bisogno. Un contenzioso immobiliare, dunque, che non ha nulla a che fare con supposte limitazioni alla libertà di culto dei cristiani e che non comporta alcun impatto né danno per la stragrande maggioranza dei cristiani in Israele, anche se dicendo questo non si intende minimizzare la controversia che merita d’essere risolta. In ogni caso, proprio sabato sera il presidente Reuven Rivlin è intervenuto a favore delle Chiese e attualmente non sono in corso i cambiamenti normativi da esse paventati.

E’ tale la libertà religiosa in Israele che da tempo si registra un graduale aumento dei cristiani israeliani che, per patriottismo e per apprezzamento del loro paese, si arruolano volontari nelle Forze di Difesa sebbene non siano obbligati a farlo. Domenica scorsa il primo ministro Benjamin Netanyahu ha incontrato alcuni di questi soldati per augurare loro buone feste.

All’avvicinarsi del Natale non si può che apprezzare ancora una volta il fatto di vivere in un paese dove sono garantite queste libertà e augurarsi, in tempi così cupi per i cristiani in tutto il Medio Oriente, che le loro condizioni migliorino anche nel resto della regione.  (  https://www.israele.net/  )

 

    Redazione
 (26/12/2018)

 

 

 

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