Speculazione, banche, mercati

Rischio fine sistema bancario. La speculazione, lo scommettere denaro sulle difficoltà europee, non si dirige verso i debiti sovrani. Le banche devono essere risanate, i loro costi devono essere tagliati.

di Davide Giacalone

 

speculazione-banche-borseLa distanza fra i tempi delle istituzioni e quelli del mercato, o, se preferite, fra quelli della politica e quelli della realtà, è sotto gli occhi di tutti. Dato per assodato il voto referendario inglese, sul piatto della bilancia ci sono due differenti scansioni temporali: la prima, desiderata dallo stesso governo inglese, preferisce prendere tempo, nel mentre cerca di capire se è possibile e come porre rimedio a una scelta che danneggia loro, danneggiando tutti; la seconda, preferita dal Parlamento europeo, da molti governi europei e dagli stessi vincitori del referendum inglese, invece, suggerisce di fare presto e formalizzare la rottura, essendo questa la sola possibile premessa per ricostruire un rapporto di amicizia e vicinanza. Ma anche a volere adottare la seconda scansione, anche a volere procedere speditamente, ci vorranno molti mesi. Fino a due anni. Intanto i mercati si muovono minuto dopo minuto, con scadenze sincopate.

Trovo singolare che dopo avere parlato, per mesi e mesi, dello spread, quasi fosse il termometro del mondo, della storia e dei governi, ora si taccia l’evento prodottosi dopo il referendum inglese e le elezioni spagnole: quello italiano è tornato a essere più alto di quello spagnolo. Per molti mesi siamo stati incollati, quasi identici, ma noi sempre sotto. La distanza è minima, può essere ribaltata, ma non è questo il punto. Conta il fatto che la speculazione, lo scommettere denaro sulle difficoltà europee, non si dirige verso i debiti sovrani, perché quel campo è stato recintato ed è presidiato dalla Banca centrale europea. Lì non si gioca più, o si gioca pochino. Ha preso un altro indirizzo: le banche.

Ironia dei fraintendimenti e degli arruffapopolo: le regole europee impediscono gli aiuti di Stato, sicché i coraggiosi nemici dell’Unione sovietica europea dovrebbero ora armarsi contro un divieto che proibisce di dare alle banche i soldi dei contribuenti, invocando una misura autenticamente socialista, se non direttamente sovietica. A sostenerli non troveranno i vecchi correntisti di provincia, ma i giovani e ben retribuiti metropolitani, amministratori delle banche. O si vuol forse sostenere che quelle regole europee non sono poi così male? Il cielo non voglia. Chiedo scusa: ho ceduto alla tentazione di un argomento polemico. Torniamo a occuparci dei nostri problemi.

Posto che la Bce non può replicare sui titoli bancari l’operazione fatta su quelli pubblici, come si fa ad evitare che la speculazione apolide s’unisca alle sommosse di contrada, facendo il funerale alle banche? Il che porterebbe non alla fine del sistema bancario, ma al suo finire nelle mani di altre e più grosse banche (apolidi, ma neanche troppo). La cosa bella sarebbe usare le regole europee, ma qui nasce il dolore, per i bistrattati europeisti come me: abbiamo lo spazio comune, ma non ne abbiamo completato tutti gli strumenti. Il solito carretto caricato e messo in marcia quando ancora ha solo tre ruote: al primo terreno sconnesso ci si domanda dove sia finita la quarta. I fondi per la tutela dei correntisti non sono stati versati. Alcuni (i tedeschi) sostenendo che certe banche (come le nostre) sono troppo legate al rischio-Paese, perché pregne di titoli pubblici; altri (noi, ma non solo) sanno di essere in colpa, così rinunciando a far osservare che certe grandi banche (tedesche) sono imbottite di titoli il cui valore è a dir poco dubbio. Morale: lo strumento, nell’immediato, può essere solo nazionale.

Ha un senso usarlo, ricordandosi che si tratta di soldi del contribuente, anche se variamente mascherati e travestiti, se serve a risanare le banche stesse e rimetterle sul mercato, riprendendosi poi i soldi (del contribuente). Quando, però, con i soldi di altre banche, furono salvate le ultime quattro fallite, il governo sostenne: abbiamo salvato i risparmiatori ed evitato i licenziamenti. Pessimo precedente, perché così non funziona: conservando tutto l’esistente si finirà con il buttarli, i soldi del contribuente. Le banche devono essere risanate, i loro costi devono essere tagliati, il personale in eccesso mandato via, le poste di bilancio gonfiate vanno riportate alla realtà, quindi gli amministratori che le hanno così tenute cacciati. Se il dolore non si sente in banca finirà con lo scaricarsi sul contribuente. Chissà che non sia la premessa di un bel referendum per uscire dall’Italia e starsene in Europa.  (  www.davidegiacalone.it/  )

 

  di Giovanni Giacalone
      (05/07/2016)

 

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