Questione cura, a che punto è

Coronavirus. La Cura che non c’è. Che gli scienziati di tutto il mondo vadano a tentoni e che un protocollo definitivo non ci sia è quello che abbiamo più o meno capito tutti.
di Romana Mercadante di Altamura 

Questione cura, a che punto èQuestione cura.  “Pronto America? America mi senti?”. Con questa battuta ormai celebre e ormai di diritto negli annali della cinematografia mondiale, Alberto Sordi nel lontanissimo 1954 incarnava la romanità nella sua essenza più profonda, quella di chi non molla e quando vuole una cosa insiste, anche detta “tigna”. Ecco, nel suo caso era parlare in piena notte – fuso orario americano della Maranella – con la governante del deputato Borgiani, Elvira, ma io, a parte il nome sono pure proprio romana di Roma e allora adesso mi sono messa in testa di ottenere da qualcuno del governo uno straccio di spiegazione. Riguardo a cosa? Riguardo al perché non c’è nessuno, uno straccio di fantoccio mezzobusto, uno speaker rimediato per strada, una bella statuina che possa dire alla nazione, ai cittadini italiani, coram populo, a che punto è la questione cura per il Covid-19.

Questione cura. Che gli scienziati di tutto il mondo vadano a tentoni e che un protocollo definitivo non ci sia è quello che abbiamo più o meno capito tutti, così come abbiamo capito che buona parte delle morti di questa “pandemia all’italiana” potevano e potranno essere risparmiate con una profilassi tempestiva iniziata a domicilio. Averlo capito prima, come molto altro. Però francamente il silenzio istituzionale sulla questione, passati due mesi, anche tre, dall’inizio dell’emergenza, su come dobbiamo fare per almeno provare a non morire è assordante. Si leggono e si vedono in numerosi video, storie di persone lasciate a casa in attesa di essere richiamate, tamponate, indirizzate e non si sa se i medici di famiglia hanno ricevuto delle linee guida oppure no e allora facciamo tutti un po’ come ci pare.

In sintesi non sappiamo, non l’abbiamo capito, se ognuno deve rompere l’anima al proprio medico di base al primo accenno di febbre e tosse o se ti lasciano a casa con la tachipirina e poi muori. Muori perché arrivi tardi in ospedale, in sintesi. E forse la medicina del territorio pensavamo fosse organizzata ma non lo è.  Ad oggi si sa che un’alta percentuale dei pazienti Covid-19 è migliorata con il Tocilizumab, che è un farmaco antiartrite, già utilizzato in diversi ospedali a partire da Napoli, ma si è anche capito, a spizzichi e bocconi, leggendo di qua e di là – per chi legge e si informa non certo per chi aspetta pacatamente di schiattare – che essendo tutto sperimentale, ti viene somministrato un miscuglio di farmaci. Farmaci di cui peraltro nessuno ti dice gli effetti collaterali a lungo termine sui reni, sul fegato, sulla qualità della vita, la tua vita.

L’unica notizia certa è che in Cina a della gente gli è diventata la pelle nera per via di alcuni farmaci per curare le complicanze del Covid-19 che colpisce anche il fegato, il sistema nervoso e non solo i polmoni. Anche queste: deduzioni. Poi a un certo punto spunta la luna dal monte: l’anti malarico, l’idrossiclorochina, nome commerciale Plaquenil. E negli Stati Uniti e in Francia si grida al miracolo.  Dopodiché, eureka! È l’eparina il salvavita, lo dice Salvatore Spagnolo, cardiochirurgo di lunga carriera in servizio a Genova. E, aggiunge, potrebbe essere utilizzata anche in via preventiva.

Ma invece no, è studiando i gatti e le loro reazioni immunitarie che il professor Giacomo Rossi, veterinario livornese potrebbe dare una svolta con un medicinale nientemeno che rivoluzionario – udite gente – con un protocollo Brevettato negli Stati Uniti in meno di 48 ore. L’eccellenza italiana, non v’è dubbio (i gatti sono avanti, da sempre, lo sappiamo). Però attenzione, non è finita: parla il deputato Claudio Pedrazzini di “Cambiamo”, parlamentare lombardo, di Lodi – che sponsorizza l’ozonoterapia, della quale lui, da malato di Covid-19 si è avvalso. A domicilio, grazie ad un medico amico. Che brutta cosa essere dei poveri mortali che passano le ore ai centralini, ma d’altronde si è prestato a testimoniare sul giornale e in Rai l’azione del trattamento di ozonoterapia di una società per azioni privata, ma anche qui c’è già un lavoro scientifico a sostegno. Molto bene, siamo contentissimi della sua guarigione e aggiungiamo anche l’ozonoterapia alla ricetta del ciambellone Covid-19.

Questione cura. Dulcis in fundo quello che viene chiamato il “Protocollo Viecca”, che prende il nome da Maurizio Viecca, primario di cardiologia all’ospedale Sacco, un cocktail di farmaci antiaggreganti, antinfiammatori e antivirali. Abbiamo anche capito, che l’idea per il futuro è quella di dirottare tutti i pazienti Covid-19 in ospedali attrezzati specificamente per il Covid-19. (Sempre alla buon’ora, forse davvero servivano 450 consulenti). Bene, di grazia, nelle comunicazioni unilaterali e ufficiali, il Governo – che in tutta evidenza a comunicazione è proprio scarso – tanto da avere informative segrete da mesi e tenerle segrete per non allarmare la popolazione, pare – ce lo direbbe come lo stiamo curando e come la vogliamo curare questa piaga che continua a fare morti? Non penserete mica di tenerci in casa e distanziati socialmente a vita? Forse è il caso che qualcuno ve lo dica che è compito vostro e non dei cittadini trovare soluzioni, tra cui una cura, una profilassi sanitaria, un protocollo domiciliare e non solo scaglionare gli accessi agli uffici, ai ristoranti, ai supermercati e spolverare gli autobus in attesa di un vaccino.

Questione cura. Vogliamo dirlo a chi è malato e sta a casa e si attacca al telefono in preda al panico, che deve fare? Glielo diamo un protocollo farmaceutico anche a loro? Glielo raccontiamo a loro e anche a chi è sano cosa state somministrando e come funziona? Pronto Governo? Governo mi senti? “Non sia mai detto che un Borgiani riattacca davanti a un Nando Mericoni, ti perdono se ti penti amaramente ti perdono”.  (  http://www.opinione.it/ )

 

 di Romana Mercadante di Altamura
           (24/04/2020)

 

 

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