Lusso Made in Italy alla riscossa

Agnelli, Rosso e Ruffini: nel 2021 lusso Made in Italy alla riscossa. Inizia la partita di M&A, il consolidamento del settore è destinato ad avere un’impennata nei prossimi 36/48 mesi
di Federica Mochi 

Lusso Made in Italy alla riscossa
Una delle collezioni di Jil Sander, acquistata dalla Otb di Renzo Rosso (Fotogramma)

Adnkronos – Lusso Made in Italy alla riscossa. Louboutin, Stone Island, Jil Sander: il 2021 per alcuni gruppi italiani si prepara a essere un anno di shopping intenso in Italia e all’estero. Un’inversione di rotta rispetto alla fuga di marchi del Made in Italy cui negli anni siamo stati abituati e una riscossa, parrebbe, dei gruppi nostrani, che stanno agendo per assicurare la permanenza in Italia di alcuni dei nomi del fashion internazionale e allungare nel contempo le mani sul mercato cinese, tra quelli che stanno correndo maggiormente. Sono almeno quattro le operazioni finite in una manciata di settimane nella galassia delle acquisizioni tricolori: oltre al ‘soulier’ degli stiletto dalle inconfondibili suole rosse, sul quale Exor ha puntato mezzo miliardo, la stessa holding quattro mesi fa è entrata nel gruppo cinese Shang Xia con un aumento di capitale riservato di Hermès International e un investimento di 80 milioni di euro.

Lusso Made in Italy. Gli Agnelli non sono i soli italiani a far leva sulla moda. Prendiamo Renzo Rosso, patron di Otb (che nel suo portafoglio annovera già brand come Maison Margiela, Diesel, Viktor&Rolf, Marni, Staff International e Amiri). Venerdì scorso l’imprenditore veneto ha acquistato dai giapponesi di Onward il brand Jil Sander. E ancora, la Moncler del comasco Remo Ruffini, a dicembre si è regalata, per 1,15 miliardi, Stone Island. Poi c’è Missoni, che da anni ha avviato una partership con il Fondo strategico italiano e Stefano Beraldo di Ovs, che ha messo in salvo Stefanel, marchio da danni in crisi, puntandoci sopra tutte le sue fiches. L’impressione è che, vista l’accelerazione degli investimenti nel lusso e il clima post-Covid, la campagna acquisti per molte altre realtà del settore possa riservare presto simili sorprese.

“Si tratta di imprese con le spalle robuste, forti di liquidità e di capacità industriali e commerciali – spiega all’Adnkronos Armando Branchini, strategic advisor, Fashion & Luxury di EY -. Il 2020 infatti ha visto le aziende più forti performare meglio della media settoriale, perché hanno saputo reagire alla diminuzione dei fatturati con l’abbassamento del punto di pareggio, e con disciplina nel controllo dei costi fissi. Ci aspettiamo che altri brand saranno oggetto di acquisizione e fusione nell’anno in corso, ed ancora a medio termine. Prevediamo che il consolidamento del settore sia destinato ad avere una impennata nei prossimi 36/48 mesi”.

Le acquisizioni da poco realizzate, fa notare Branchini, “hanno viste protagoniste grandi aziende italiane che probabilmente stanno esaminando ulteriori possibilità. A queste potrebbero affiancarsi presto altri rilevanti gruppi italiani. Avremmo così non solo aziende o fondi d’investimento francesi, americani e mediorientali ad essere protagonisti delle acquisizioni nel settore moda e lusso, ma anche, e di fatto per la prima volta, aziende italiane. Resta però il fatto che per fare acquisizioni di marche importanti è necessario avere liquidità e capacità di indebitamento, per poter pagare prezzi di acquisto elevati”.

In questo, aggiunge, i conglomerati francesi hanno forti vantaggi. “Ma c’è un altro possibile ambito del settore moda e lusso in cui le acquisizioni stanno iniziando – osserva Branchini – ed è quello delle strutture produttive specializzate, a livello sia orizzontale che verticale, nella filiera. Per la forte tradizione e cultura manifatturiera che le imprese italiane hanno alimentato negli ultimi cinquant’anni, prevediamo che un numero rilevante di queste acquisizioni sarà realizzato nel medio periodo. In questo modo molte imprese italiane si rafforzeranno nelle loro capacità distintive e verrà aumentato il loro potere di mercato. E certamente ne uscirà rafforzato il vantaggio competitivo del sistema italiano della moda e del lusso”.

Lusso Made in Italy. Per Branchini i consumi cresceranno nel 2022 e tra l’anno prossimo ed il 2023 si possa ritornare ai livelli del 2019. “Con questo in mente – dice – chi intenda fare acquisizioni deve farle ora, per poter trarre vantaggio della fase di crescita dei consumi attesa per l’anno prossimo e quelli immediatamente successivi”. Il settore delle scarpe, in questo senso potrebbe essere tra quelli più appetibili. Basti pensare che di recente c’è stata la quotazione di Dr. Martens nel Regno Unito e poi l’acquisizione di Birkenstock da parte del fondo L Catterton, sostenuto da Lvmh. “Già a partire dagli anni ’70 l’oggetto di moda più rappresentativo, la vera ‘metafora del lusso’ è stata la borsa femminile, e lo è tutt’ora – spiega ancora Branchini -. Ma al suo fianco le calzature hanno conquistato una rilevanza psicologica sempre maggiore. Anche la serie televisiva Sex and the City, iniziata nel 1998, è stata, insieme, effetto e causa di questo fenomeno”.

La pensa diversamente Antonio Di Pasquale, partner del dipartimento di Corporate di Hogan Lovells. “Le scarpe di lusso in senso tecnico soffriranno ancora un po’ – rimarca – ci sarà una selezione sempre più aggressiva su quel mercato, tra pochi marchi iconici che si affermeranno e dei prodotti di una nicchia molto ristretta. Tutto l’abbigliamento formale sta soffrendo perché non ci sono gli eventi e se consideriamo i canali e i mercati di riferimento vediamo che l’informale ha più spazio. Comprare online una scarpa di lusso, di qualità, continua a essere difficile, considerando il tipo di clientela esigente che si approccia a quel prodotto”.

Tuttavia, l’ondata di M&A nel settore del lusso, per Di Pasquale, rappresenta sicuramente “un segnale di cambiamento di orizzonte”. La partita del mercato internazionale “si gioca sempre di più, e a maggior ragione ora in epoca Covid, sui mercati asiatici – sostiene – quello cinese è il primo ad essersi ripreso e sarà quello che funzionerà meglio. Il mercato europeo e italiano sono sempre più difficili e saturi e la competizione nei mercati asiatici richiede risorse e un’offerta articolata che si associano a dimensioni molto più grandi degli operatori italiani. Chi ha liquidità, comunque, approfitterà delle situazioni”.

Parla invece di “polarizzazione del settore” Filippo Bianchi, managing director e partner di Bcg: “Il calo di fatturato del circa 30% vissuto dal comparto del lusso negli ultimi 12 mesi ha messo a dura prova la tenuta finanziaria dei marchi e di tutta la filiera – spiega -. Inoltre, ha accelerato il cambiamento già in atto in termini di distribuzione (con il canale online che acquisterà tra i 10-15pp di incidenza, passando da 11% in 2019 a 25% in 2022, soprattutto a discapito del canale wholesale da 45% nel 2019 a 35% nel 2022), allocazione delle risorse (peso affitti e personale di negozio vs. incidenza del marketing digitale) e preferenze di stile dei consumatori. Fattori che spingono nella direzione di un’ulteriore polarizzazione del settore, dove i gruppi saranno avvantaggiati per la loro capacità di ‘scalare’ gli investimenti fatti nelle nuove competenze su più marchi che presi singolarmente non avrebbero una capacità di spesa sufficiente a finanziare il cambiamento”.  (https://www.adnkronos.com/

 

  di Federica Mochi
    (20/03/2021)

 

 

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