Stava, S’interrompe un sogno, sono le ore 12:22:55 del 19 luglio 1985: è la frana. Cede l’argine del bacino superiore che crolla sul bacino inferiore .
di Michele Luongo
Trento – L’armonia, l’energia della natura sa creare e mantenere luoghi incantevoli, dando ad ognuno di essi l’unicità della bellezza. Ma l’egoismo umano pieno di arrivismo e del solo interesse economico personale, rende ciechi e sordi, purtroppo, a danno della collettività e del bene comune.
Stava è una piccola frazione del comune di Tesero in Valle di Fiemme, in Trentino, è circondata dalle Dolomiti occidentali (Le Dolomiti dal 2009, sono parte del Patrimonio Mondiale dell’Unesco), il gruppo del Latemar. E’ una valle lussureggiante, foreste sempreverde con il famoso “Abete rosso” ( legno di ottime proprietà di amplificazione del suono e, per questa ragione, viene utilizzato nella costruzione delle tavole armoniche degli strumenti a corda), prati, fiori e un ricco sottobosco e le variopinte bellezze della natura. Con la serenità del tempo si lasciano agli antichi mestieri e le case rurali, per abitazioni o residenze estive per il turismo.
S’interrompe un sogno, sono le ore 12:22:55 del 19 luglio 1985: è la frana. Cede l’argine del bacino superiore che crolla sul bacino inferiore che a sua volta cede, e la massa fangosa composta da sabbia, limi e acqua scende a valle a una velocità di quasi 90 chilometri orari spazza via persone, alberi, abitazioni e tutto quanto incontra, fino a che non raggiunse il fiume Avisio. 268 morti . Un disastro. Un assurdo disastro!
Nella valle, sopra la conca di Stava, c’è l’attività mineraria ( serie di gallerie) del monte Prestavèl, sfruttamento industriale dell’estrazione della fluorite. Nel 1960 la Montecatini decise di costruire un impianto di flottazione al fine di ottenere fluorite pura al 97-98 per cento, utile per l’industria chimica. Nel 1961 furono costruiti un impianto di flottazione sul fianco della montagna a quota 1420 metri sul mare, un acquedotto, una teleferica per il trasporto del materiale estratto in miniera e una seggiovia per il trasporto dei minatori dagli impianti di lavorazione agli imbocchi delle gallerie della miniera posti a quote diverse fra 1550 e 1787 metri sul mare.
Ad una autorizzazione per un primo bacino in terra alto 9 metri per contenere fanghi proveniente dal nuovo impianto, si arriva nel 1969 a una altezza di 25 metri. Ma non basta, scoperti nuovi filoni, si costruisce un secondo bacino, con argine di base sul primo, senza ancoraggio e senza elementi drenanti, ma man mano che il rilevato cresce, l’argine si allargava poggiando addirittura sui fanghi del bacino inferiore. Al momento del crollo i bacini di decantazione erano alti oltre i 50 metri e contenevano circa 300 mila metri cubi di materiale. Gli argini avevano una pendenza di 39 gradi.
Alle vite spezzate per incuria, negligenza, colpe, sottovalutazioni, omissioni, inosservanza, un’ottima attività investigativa e giudiziaria ha dato giustizia. Poi, al silenzioso dolore, al sogno infranto va il rispettoso silenzio.
Stava è un esempio, Stava vive, Stava per non dimenticare, alla Fondazione Stava1985 il compito certamente non facile della testimonianza, della memoria. Oggi la Valle di Stava rivive e splende nella bellezza della natura, della quiete e del fascino delle Dolomiti. Partendo dal Centro di documentazione della Fondazione, sede di mostra fotografica arricchita dalla sala proiezione del film cortometraggio “Stava 19Luglio”, con una escursione nei boschi, di facile cammino, un percorso didattico di simbiosi tra natura e la storia del disastro “umano-ambientale”, ci fa toccare con mano l’ambiente e i luoghi salienti dell’origine della catastrofe.
Lasciamo alle nostre spalle il suggestivo paesaggio della natura, ancora luoghi importanti per il percorso della memoria, la chiesetta della Madonna Addolorata a Stava, detta della Palanca, dove la dirompente sciagura si ferma, si acquietò a poca distanza. Nel suo interno l’elenco nominativo e del luogo d’origine delle vittime di Stava, lapida in cristallo benedetta da Papa Giovanni Paolo II in occasione della visita a Stava ( il 17 luglio 1988). Antistante alla Chiesetta la splendida opera di Felix Deflorian, il ciclo della vite, interrotto dalla mano dell’uomo, donata dalle popolazioni del Vajont. Prima di lasciare Stava non si può non fermarsi alla Chiesa di S. Leonardo, di notevole interesse gli affreschi “ Santi Gioacchino e Anna” e “La Madonna di Caravaggio” e di San Cristofaro”, le volte della navata sono decorate a motivi floreali, è un piccolo scrigno. Qui nel giorni della tragedia la Chiesa accolse le salme, che poi trovarono sepoltura nell’attiguo cimitero. Fosse con lapide tutte uguali, e poi fosse senza nomi, un infinito dolore così espresso dal maestoso incantevole agghiacciante monumento del Deflorian, donato dalla Magnifica Comunità di Fiemme, nel cimitero delle vittime, Papa Giovanni PaoloII, si aggrappò alla Croce, in quell’immenso silenzio la storia di Stava.
Va dato merito alla fondazione Stava1985 che con assoluta dignità ha saputo coltivare ed alimenta la cultura della memoria, della prevenzione, per la crescita della responsabilità nell’essere umano affinché quello che è successo a Stava non abbia a ripetersi. Ma l’egoismo è sempre macchiato dall’interesse economico e l’uomo è sempre più fragile alle tentazioni, quindi onore alla Fondazione Stava, alle associazioni della memoria, veri patrimoni della società.
Per una giornata diversa, per una visita di cultura ambientale e per una immersione nelle Dolomiti, Stava non può mancare.
INFO: Fondazione Stava 1985 onlus
Via Stava, 17 – 38038 Tesero (TN)
Tel. +39 0462 814060 – Cell. +39 347 1049557
di Michele Luongo ©Riproduzione riservata
(21/06/2012)
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