Wine, all’incertezza la certezza della propria organizzazione

Anche nel settore vinicolo, il dato complessivo che deve maggiormente essere preso in esame è quello dell’incertezza del futuro. Una risposta è la certezza della propria organizzazione produttiva e commerciale.

di Fabio Piccoli

 

Wine, all’incertezza la certezza della propria organizzazioneAnche nel settore vinicolo, il dato complessivo che deve maggiormente essere preso in esame è quello dell’incertezza del futuro. Mai come oggi l’incertezza è diventata la vera protagonista della vita imprenditoriale, della quotidianità di tutti i manager del vino.

Non vi sono più certezze è la frase che maggiormente sentiamo durante la nostra attività. Ma se fino a poco tempo fa quest’affermazione era legata alla speranza si potesse trattare di un fenomeno congiunturale oggi tutti sono consapevoli che si tratta di una realtà strutturale con la quale si deve e si dovrà fare i conti anche nel futuro.

Ma cosa significa incertezza per il settore vitivinicolo? Di quella climatica ne abbiamo già parlato anche nel nostro editoriale di fine anno (link), oggi ci soffermiamo su quella legata al mercato.

A partire da quello italiano che nel 2018 sembra veramente abbia ripreso a navigare con una certa dinamicità. Ma anche in questo caso sarebbe sbagliato parlare di ritorno alle positività del passato quanto ad una migliore capacità di alcune imprese e di parte del trade di stimolare ed intercettare i nuovi fabbisogni dei consumatori.

Non a caso le aziende del vino italiane che in quest’ultimo biennio si sono portate a casa risultati positivi sul mercato nazionale sono quelle che hanno investito ulteriormente nelle loro strategie commerciali Italia, nella loro rete di agenti, nelle loro relazioni con i clienti (sia di gdo che di horeca).

Hanno, insomma, risposta all’incertezza con la certezza della propria organizzazione produttiva e commerciale.

Lo stesso dicasi per i mercati internazionali che oggi sono positivi per quelle aziende che si stanno comportando con lo stesso spirito di presidio che stanno avendo sul mercato italiano.

Finite le “deleghe in bianco” a importatori ai quali si chiedeva la capacità di costruire da soli brand e nuovi clienti ogni giorno. Oggi vi è la consapevolezza di dover non solo dare un appoggio molto più forte ai propri importatori ma spesso di creare nuovi modelli di presidio, di costruire nuove strategie commerciali. Insomma di reinventarsi un nuovo modo per rimanere competitivi sui mercati.

Alcune giorni fa un importante manager del vino ci raccontava come in un suo recente viaggio in Germania si fosse reso conto come gran parte dei loro importatori (ne hanno una quindicina) fossero di fatto obsoleti, sia per età anagrafica con pochi di loro organizzati nel cambio generazionale (“molti dei figli di questi importatori non hanno nessuna voglia di mettersi a fare un lavoro difficile e con poche garanzie oggi come hanno fatto i loro padri”) ma anche strutturati per gestire i fabbisogni attuali di un mercato complesso come quello tedesco.

Che fare allora? Pensare alla Germania come fosse l’Italia, cercando di costruire una rete commerciale molto più dinamica e capace di intercettare gli attuali fabbisogni di un trade e di consumatori in continua evoluzione.

E’ chiaro che si tratta di strategie più facili a dirsi che a realizzarsi, ma chi in ballo è la competitività del nostro sistema vitienologico in uno dei mercati più importanti al mondo.

E vale assolutamente la pena di provarci perché anche l’ultima recente indagine di IWSR realizzata per Vinexpo parla comunque di crescita nei principali mercati mondiali.

Dobbiamo pertanto necessariamente essere ottimisti ricordandoci che non solo il consumo di vino a livello globale è in crescita ma nonostante questo rappresenta tuttoggi una piccolissima fetta dei consumi di bevande alcoliche nel mondo.

La mission, quindi, è quella di curare, gestire meglio i “vecchi” clienti del vino a livello mondiale (a partire dall’Italia) ma anche di essere in grado di intercettare i nuovi consumatori.

In un mare di incertezze, infatti, il vino appare una bevanda “ideale” per i giovani di oggi alla ricerca, molto più che nel passato, di “esperienze” di consumo. Cioè di prodotti capaci di “far viaggiare”, di “aprirsi agli altri”, di “elevato valore emozionale”.

Ma per poter intercettare questi nuovi fabbisogni sono fondamentali migliore organizzazione aziendale e soprattutto donne e uomini del vino all’altezza del compito che gli è stato e gli verrà assegnato.  (  http://www.winemeridian.com  )

 

   di Fabio Piccoli
    (05/01/2019)

 

 

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