Pensioni le verità nascoste

Pensioni senza lavoro non sicurezza della vecchiaia.  Gli stessi politici, economisti bocconiani compresi, che ora propongono ricette per uscire dalla crisi, hanno stravolto il mercato del lavoro, scardinato tutele e diritti, hanno trasformato i giovani in eterni precari con contratti atipici, lavori in affitto o a progetto.  
di Francesco Bozzetti

 

INPS-Tito-Boeri
Il presidente dell’Inps Tito Boeri

Pensioni. Le verità nascoste che Tito Boeri fa finta di non conoscere per spennare coloro che i contributi, e quali contributi, li hanno versati per 35/40 anni. Costoro dovrebbero subire tagli alle loro pensioni per aiutare i 5 milioni di cittadini con assegni magri che, però, non hanno mai dato una lira all’Inps. Mentre il problema dei giovani oggi è il lavoro. Senza lavoro non c’è neppure la sicurezza della vecchiaia.
Il presidente dell’inps Boeri dice che i giovani nati negli anni Ottanta andranno in pensione a 75 anni e con un assegno più basso del 25 per cento. E’ puro allarmismo finalizzato a nuovi tagli alle pensioni o la verità? Pino Bussolati (Pavia)
Vero, Boeri ha ragione, si lavorerà più a lungo e si percepirà meno di pensione. Ma il presidente dell’Inps, che di fatto fa il ministro del Lavoro anziché limitarsi ad amministrare l’ente che presiede, non spiega perché i trentenni di oggi saranno penalizzati domani se non si cambiano in fretta le regole.
Gli stessi politici, economisti bocconiani compresi, che ora propongono ricette per uscire dalla crisi, hanno stravolto il mercato del lavoro, scardinato tutele e diritti, hanno trasformato i giovani in eterni precari con contratti atipici, lavori in affitto o a progetto.
E ora vogliono far pagare alla fiscalità generale e ai pensionati i loro errori. Se non esiste lavoro, non esiste contribuzione per la pensione. E se gli impieghi sono frammentati, spezzettati in mille rivoli e in mille diversi contratti risolvibili in qualsiasi momento, se non esiste stabilità del lavoro, non solo non esisterà mai per il giovane un qualsiasi progetto di vita, ma neppure la sicurezza della vecchiaia.

Il “jobs act” è un tentativo in corso d’opera per porre rimedio alle distorsioni del passato ma resta ancora un’incognita sulla eventuale positività dei riflessi futuri.

A pesare più di tutto sulla mancata rinascita del mondo del lavoro è sempre la riforma Fornero che allunga oltre misura l’età pensionabile e non consente il ricambio generazionale che ha funzionato, bene o male, per i primi sessant’anni della nostra Repubblica. Ma piuttosto di azzerarla, si continua, per mere ragioni contabili, a ragionare su ulteriori penalizzazioni dell’uscita dal mondo del lavoro legandole ad aspettative di vita stimate con la stessa regola dei polli di Trilussa.

Il presidente Boeri ha un’unica ricetta per risolvere i problemi dell’Inps: una partita di giro secondo la quale a pagare per i futuri pensionati, devono essere gli attuali pensionati. Cioè coloro che se la sono comprata con fior di contribuzioni lunghi un’intera vita di lavoro. Sarebbe bene ricordare a tutti, ma in particolare a Boeri, che dei 16 milioni e mezzo di pensionati attuali, più della metà sono a carico totale o parziale dello Stato.

Di questi 8 milioni e 600 mila, circa cinque milioni non sono riusciti a raggiungere il requisito minimo dei quindici anni di contribuzione.

Per semplificare, un terzo degli attuali pensionati non ha mai versato una lira di contributo previdenziale. Parliamo naturalmente di baby pensionati, di prepensionati e di furbetti che hanno evaso tasse e contributi per tutta la vita, salvo ora vivere a carico di Pantalone.

Ma il presidente Boeri non vuole certo tagliare le pensioni a questi “parassiti”, ma vuole invece tagliarle a chi i contributi li ha versati, eccome, per tutta la vita. Per pagare chi? I 55enni che, in molti casi, sono usciti prima dal mercato del lavoro con ricchi incentivi da parte delle aziende o promettendo pensioni ai giovani che, senza il lavoro non precario od occasionale come è oggi, non la vedranno comunque mai.

Per portare l’acqua al proprio mulino, l’area politica che vuole decimare le pensioni d’oro, d’argento, di zinco o di ottone, diffonde dati consapevolmente falsi e tendenziosi sulla spesa previdenziale che non è affatto del 15,7 per cento del Pil come si vuole far credere, ma del 10,7 (riferita al 2013).Se si sottraggono, infatti, al lordo totale di 247,86 miliardi di euro della spesa previdenziale, le imposte trattenute direttamente alla fonte per 44 miliardi di euro e i 33 miliardi e 46 milioni di euro della spesa assistenziale, si ottiene la spesa effettiva per le pensioni di 171,46 miliardi di euro, perfettamente in linea con la media europea (fonte “Itinerari previdenziali” del professor Alberto Brambilla, 15 aprile 2015).

Tutto il resto sono solo falsità e speculazioni di chi, invece di riformare il mondo del lavoro e creare nuove opportunità di sviluppo, pensa solo di saccheggiare il bancomat delle pensioni per finanziare la propria incompetenza.  (  www.francoabruzzo.it  )

 

  di Francesco Bozzetti
      (28/12/2015)

 

 

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