La sostenibilità del Vino Trentino

La sostenibilità del Vino Trentino. Una Provincia, un vino con due anime. Il Trentino è atavicamente afflitto da un marcato dualismo di modalità di approccio al mercato vinicolo. Siamo produttori di circa il 15% delle bollicine nazionali. Eppure la nostra terra..
di Michele Dallapiccola 

La sostenibilità del Vino TrentinoLa sostenibilità del Vino Trentino.  Sarà la chiave per tenere insieme le due anime del comparto?
L’hanno tenuto nel salotto più bello della città. Al Muse l’accoglienza era da serata di gala. È passato quasi in sordina se non per gli addetti ai lavori ma quello al quale abbiamo assistito l’altra sera pare sia stato il primo bilancio di sostenibilità di un consorzio vini in Italia. In apertura un messaggio tra tutti. È necessario fare sinergia tra politica, ricerca e impresa. Perché il Trentino si compone di un territorio piccolo dove è difficile emergere in qualità. Eppure, tra i nostri monti alberga una grande tradizione enologica. E’ qui che dobbiamo innestare una condizione di fortissima carica identitaria. Lo ha detto il Consorzio Vini del Trentino, organo che cura gli interessi dei soci ma svolge anche funzioni di natura pubblica. Vigila e tutela ad esempio le 5 doc e le 2 IGT. Riconosciuto da norma nazionale.

Investe 430 mila euro all’anno nella promozione dei soci consorziati. Ed è stato il primo in Italia ad assumere la certificazione SQNPI. Un disciplinare attento. Fatto per gestire la produzione integrata. Rispetta gli obiettivi della crescita sostenibile. Promuove la ricerca, il risparmio idrico, qualità di vita e di soddisfazione economica per i produttori. La tutela dei consumatori è invece garantita da 120 mila controlli sul prodotto. Si affiancano ad un serrato impegno della parte della quale sono responsabili le imprese. Nel frattempo anche il Consorzio farà la sua parte nello sviluppo del progetto enoturismo dando grande respiro all’enologia. Questo interessante momento di presentazione dell’attività del Consorzio ha dato adito a critica alcuna. Anzi, con i mezzi a disposizione in un’autonomissima Provincia come quella di Trento, riesce fin troppo bene a fare il proprio dovere.

Una Provincia, un vino con due anime

Non ritengo questa la sede dove approfondire un argomento molto più generale che solo di relato si collega all’attività del pregiato istituto. Un paio di problemi però, vanno accennati.

Il Trentino è atavicamente afflitto da un marcato dualismo di modalità di approccio al mercato vinicolo. Siamo produttori di circa il 15% delle bollicine nazionali. Eppure la nostra terra ospita cantine mini o micro che producono poche migliaia di bottiglie. Non a caso la superficie media dell’azienda viticola trentina occupa 1.6 ettari soltanto. L’approccio al mercato di queste due realtà diametralmente opposte necessiterebbe di politiche di sostegno completamente diverse. Da anni la politica tenta di colmare questo gap. Con scarsi risultati e un necessario mea culpa.

La più riuscita formula che cercasse di proteggere grandi e piccoli produttori è stata sicuramente la piattaforma del Trentodoc. Formidabile il traino delle Cantine Ferrari, eccezionale lo sforzo di chi vi ha aderito nonostante la dimensione più limitata.

E fuori dalle bolle? Una landa sconfinata fatta di grande industria e piccoli produttori. Entrambi al confronto col mondo, finiscono per agire con mezzi completamente diversi. Così, chi produce, vinifica e commercializza fuori dal sistema si comporta davvero da eroe.

Fin quando l’asse politica-produttori-istituzioni di settore non saprà sostenere parimenti le due modalità di fare vino in Trentino il suo senso non sarà compiuto. A chi è specializzato nell’approccio più umano, più artigianale andranno riservate attenzioni speciali. Parliamo infatti di prodotti diversi con caratteristiche diverse e mercati solo in parte sovrapponibili. Al cui approccio va riservata diversa identità commerciale. Del resto tra nord e su del Trentino gli esempi non mancano. Grandi sistemi in Veneto, piccole cantine in Alto Adige.

La certificazione. Una panacea?

La seconda considerazione critica se la merita la certificazione SQNPI. È senz’altro meritorio averla voluta cercata e ottenuta dal sistema dei produttori rappresentato dal consorzio. Per primi in Italia. Come Trentino, lo capisco, per emergere all’estero dobbiamo accordarci al brand Italia.

Quanto questa strategia sia consona anche al piccolo produttore o alla complessiva remuneratività del comparto è però tutto da dimostrare.

Saranno sufficienti gli intendimenti della giunta di risolvere tutto (per ora intenzionalmente) col progetto enoturismo?

Quale connotazione accessoria potrà rivendicare il piccolo produttore per spiegare la differenza del suo prodotto col resto del vino Trentino che l’industria cooperativa produce?

Solo in quel caso saremo avanti di un passo ai nostri competitor come gli solo gli sforzi della viticoltura eroica possono meritare.

In tal senso l’apprezzato sforzo al convegno dell’altra sera appariva estremamente opportuno.

Forse poco evidente perché ancor meno compreso e per nulla enfatizzato proprio dalla stessa politica provinciale. Che assorta, assisteva.  (https://www.micheledallapiccola.it )

 

  di Michele Dallapiccola
      (24/06/2022)

 

 

 

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