Orlando nelle crepe di una famiglia borghese

Lacci. Silvio Orlando nelle crepe della famiglia borghese. L’uomo rimane con la moglie, è un dialogo breve, serrato, amaro, che rivela l’ipocrisia del marito, capace di mentire persino a sé stesso
di Laura Timpanaro 

 

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Silvio Orlando

Orlando nelle crepe di una famiglia borghese – Tradizionale o atipica, nucleare o allargata, a volte negata, la famiglia si conferma luogo nevrotico per eccellenza. Su questo sentiero scava “Lacci”, spettacolo di Domenico Starnone con la regia di Armando Pugliese, protagonista Silvio Orlando, visto al Teatro Franco Parenti di Milano.

Pugliese realizza cinque scene, cinque movimenti per narrare una storia familiare borghese contemporanea. Nell’alternarsi di protagonisti, luoghi e tempi, resta il dolore come denominatore comune. A pagarne il prezzo maggiore sono quasi sempre i figli.

La prima scena si svolge in un interno borghese. Un uomo (Silvio Orlando) è seduto in silenzio. La moglie (una vivace Vanessa Scalera) legge lettere scritte quando lui ha lasciato la famiglia per andare a vivere con una giovane sconosciuta. È un mix di livore, rabbia e impotenza. È il racconto in forma epistolare di un abbandono, della disgregazione di una famiglia messa in piedi da due giovani degli anni Sessanta, che dopo pochi anni di matrimonio si sono ritrovati a vivere un decennio di trasformazioni in cui essere sposati e con prole era sinonimo d’arretratezza. L’insofferenza è nel marito, che ha deciso di abbandonare il tetto coniugale.

Gioco di luci, e la seconda scena è pronta: l’interno è lo stesso, ma la casa è a soqquadro. Compare la stessa coppia: sono due coniugi ormai maturi, che al rientro dalle vacanze estive hanno trovato l’abitazione nel caos. La pièce sembra avvolgersi di mistero e virare verso il giallo-umoristico, con l’ingresso in scena del vicino di casa Nadar (Roberto Nobile, collega di vecchia data di Silvio Orlando), giudice in pensione, e l’arrivo dei carabinieri.

Sullo sfondo della casa in disordine, rimasto solo con Nadar, il protagonista si lascia andare a una confessione, motivo centrale della terza scena. È proprio lui, che molti anni prima aveva abbandonato la moglie ed era andato a vivere con una ragazza giovanissima, che ora si trova faccia a faccia con il dolore causato dalla propria scelta. Adesso è tornato più per rassegnazione che per amore dei figli, «cresciuti malissimo». Un lucido cinismo fa da contraltare a una sincerità disarmante.

Andato via Nadar, l’uomo rimane con la moglie, ricomparsa da pochi minuti in scena. È un dialogo breve, serrato, amaro, che rivela l’ipocrisia del marito, capace di mentire persino a sé stesso. Il quarto movimento è concluso. Il ritratto psicologico dei protagonisti è completo: bugiardo, vanitoso, meschino, colto e intelligente lui; schietta, sincera, rancorosa e rigida lei. Si delinea la loro storia: è il diario di un naufragio sentimentale. Restano da scoprire le conseguenze di quel livore. E poi bisogna trovare chi ha messo soqquadro la casa.

Nella quinta e ultima scena viene svelato l’arcano. Compaiono i figli quarantenni della coppia (Sergio Romano e Maria Laura Rondanini). Tratteggiati nei precedenti quadri come bimbi problematici e adolescenti frustrati, sono adesso un uomo e una donna irrisolti e anaffettivi. Cresciuti nel disamore, hanno respirato una tempesta sentimentale. Adesso pagano con le loro vite un conto salatissimo. E hanno voglia di sfogare la propria rabbia.

Orlando nelle crepe di una famiglia borghese –  “Lacci” è un affresco generazionale, un affondo amaro diretto alla società del boom economico, un’analisi disincanta della situazione contemporanea segnata da miseria materiale e morale. Come afferma una delle protagoniste, «i nostri genitori sono passati dalla miseria all’agiatezza; noi stiamo passando dall’agiatezza alla miseria».

Una regia solida trasforma il dramma familiare in un’indagine umana dai tratti pirandelliani, chiamando lo spettatore alla ricerca di una verità sfuggente.

Scarna e aspra la scena finale. La rivelazione del mistero avrebbe forse bisogno di un mordente maggiore, che la recitazione meccanica di alcuni comprimari rende meno incisiva. Ottima l’interpretazione di Silvio Orlando, già reduce dal successo de “La scuola”, dello stesso Starnone, stavolta alle prese con un ritratto esistenziale più intimo.

“LACCI” di Domenico Starnone tratto dall’omonimo romanzo edito da Einaudi con Silvio Orlando e con Roberto Nobile, Sergio Romano, Maria Laura Rondanini, Vanessa Scalera, Giacomo de Cataldo. Regia Armando Pugliese. Spettacolo del 18 dicembre a Milano al Teatro Franco Parenti. ( Fonte http://www.klpteatro.it/  )

 

    di Laura Timpanaro
      (10/01/2017)

 

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